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Dinamismo e creatività sono le chiavi del grande successo del vino italiano negli ultimi 40 anni, protagonista di un nuovo rinascimento e, al contempo, di una rivoluzione senza precedenti. Ne è convinto Piero Antinori, presidente dell’Istituto del Vino Grandi Marchi, intervenuto nell’unica sessione tutta italiana della seconda giornata di lavori dell’8° Simposio mondiale dei Masters of the Wine in corso a Firenze fino a domenica 18 maggio.

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“Oggi – ha detto Antinori di fronte agli oltre 400 delegati del settore provenienti da tutto il mondo – i vini italiani godono finalmente del rispetto che meritano sui mercati internazionali. Per tanti anni in Italia abbiamo prodotto grandi quantità di vino a basso prezzo fino a quando, alla fine degli anni ‘60, abbiamo capito che bisognava intervenire cambiando innanzitutto l’immagine del nostro Paese all’estero, associata a ‘quelli del fiasco di vino abbinato alla pizza e al mandolino’”. Per il presidente dell’Istituto del vino Grandi Marchi, a partire da quegli anni ci sono stati dei cambiamenti incredibili: “Una vera rivoluzione che ha portato a grandi innovazioni in cantina permettendo così al vino italiano di invertire la rotta passando da una produzione di quantità ad una di sempre maggiore qualità”. In questa fase di post rivoluzione il vino italiano deve darsi nuovi obiettivi e visioni per il futuro, come ad esempio “rimuovere quel 20% di vigneti inefficienti e non orientati al mercato, per produrre vini di alta qualità, utilizzando anche i fondi messi a disposizione dell’Unione Europea”.

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Tra le azioni urgenti per Piero Antinori anche quella della “comunicazione del nostro patrimonio vinicolo all’estero; un ambito in cui l’Italia deve lavorare molto per far scoprire le molteplici personalità del nostro vigneto”. Personalità che, sui mercati internazionali, sono ancora un rebus tutto da risolvere per le oltre 450 denominazioni che ci caratterizzano. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Maurizio Zanella, presidente di Ca’ del Bosco e del Consorzio Franciacorta, per il quale: “All’Italia del vino non si può attribuire un’unica identità. Nel nostro Paese, infatti, ci sono 21 diversi paesi, 21 culture e storie diverse. L’Italia vitivinicola non ha un’identità univoca ed è per questo che all’estero si fatica ad identificarci”.Tra gli interventi italiani anche quelli di Alberto Tasca (Tasca D’Almerita) e di Gaia Gaja (Gaja) che hanno sottolineato il ruolo fondamentale dell’innovazione nel vigneto e in cantina all’insegna della sostenibilità, oltre che della necessità di un rinnovamento che passa dal confronto e dal lavoro “di squadra” dei produttori italiani.

 Sponsor italiani 8° Simposio IMW, Firenze 15-18 maggio 2014: Agriventure; Consorzio Brunello; Consorzio Chianti Classico; IEM, International Exhibition Management; Toscana Promozione; Trentodoc; Sanpellegrino.

 Costituiscono l’Istituto del Vino Italiano Grandi Marchi: Alois Lageder, Argiolas, Biondi Santi Tenuta Greppo, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Gaja, Jermann, Lungarotti, Masi, Marchesi Antinori, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca D’Almerita, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Tenuta San Guido, Umani Ronchi.www.istitutograndimarchi.it

Ufficio stampa Istituto del Vino italiano Grandi Marchi –

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