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ll golden boy della sommelerie internazionale è un italiano trapiantato a Londra. Matteo Montone, milanese classe ’88, il suo percorso nel mondo del vino è stata una scalata fulminea verso il successo. Entrato in punta di piedi nel settore enoico, stregato nella patria del Sangiovese in Toscana quando andava a trovare i parenti della moglie a Montepulciano. Nonostante la giovane età ha alle sue spalle esperienze e riconoscimenti importanti. Ultimo in ordine di tempo il titolo di Master Sommelier, che riunisce il gotha dei sommelier a livello internazionale. La Court of Master Sommelier dal 1969 organizza corsi in tutto il mondo, ma sono solamente 267 i professionisti che hanno passato le impegnative prove finali di quella che rimane l’associazione più prestigiosa dei Top Sommelier, un blasone che non è stato offuscato dalle cronache recenti che hanno portato alla luce uno scandalo per molestie sessuali con la sospensione di sette membri in America. Nel 2019 a Seoul in Corea del Sud Matteo Montone aveva vinto il World Best Young Sommelier titolo mondiale fra i sommelier di nuova generazione, nel 2016 il titolo di Best Sommelier UK.
Quando ti sei avvicinato al mondo del vino?
La famiglia di mia moglie è originaria di Montepulciano, mi sono appassionato al mondo del vino quando andavo a trovare i parenti in Toscana. Ho deciso di frequentare i corsi dell’Associazione Italiana Sommelier a Milano, dopo i fatidici tre livelli Ais nel 2012 volevo capire meglio cosa fare nel mondo del vino. Ho fatto uno stage di un giorno alla Locanda Locatelli, in quegli anni frequentavo già Londra e volevo capire meglio che cosa facesse un sommelier all’interno di un ristorante di livello.
Come mai hai preso subito la strada per Londra?
Lo sbarco a Londra è stato naturale, è la capitale mondiale del vino e in quell’esperienza di una giornata avevo capito l’importanza che riveste la figura del sommelier in UK. Sono rimasto subito affascinato dai ragazzi che facevano bene il loro servizio, nel 2013 mi sono trasferito a Londra dove ho iniziato a lavorare al ristorante Acqua Shard al 31° piano del famoso grattacielo, ho iniziato come Commis e dopo tre mesi ero già stato promosso Sommelier e sono rimasto un anno. Mi sono trasferito al Ritz come Deputy Head Sommelier al Ritz e Assistant Head Sommelier alla Locanda Locatelli di Giorgio Locatelli. Da quattro anni sono Wine Director e presso London Edition, un Hotel 5* Lusso con ristorante, tre bar e spazi per eventi, mi occupo anche di Wine Consultant.
Non c’era spazio in Italia per la tua professionalità?
Non ho mai fatto il sommelier in Italia e non conosco così bene il settore della ristorazione per poter esprimere un giudizio definitivo, ho capito subito in quello stage di un giorno l’attenzione al servizio del vino, oltre ad innamorarmi della professione. Alla Locanda Locatelli in quell’anno c’erano cinque sommelier, un ristorante di un certo livello ha una brigata di sommelier con un rapporto uno a uno con il personale di sala, queste dinamiche succedono solo a Londra che rimane la piazza numero uno al mondo per fare il sommelier, forse solo New York può essere paragonata in questo senso.
Un percorso molto veloce il tuo per arrivare in vetta, il segreto?
Diciamo che rispetto a quello che avviene generalmente in Italia non mi sono fermato ai 3 livelli dell’Ais che sono stati una scuola molto valida per gettare le basi di un percorso che mi ha sempre visto studiare e fare la gavetta, un passaggio fondamentale è stato il diploma WSET con un respiro più internazionale. Non ci sono segreti ma tanta passione e molta dedizione, dalle 10 alle 15 ore di studio settimanale fisso salvo qualche pausa, blind taste, tatsing vari e ore di training, cercando di bilanciare il lavoro con la vita familiare visto che a casa ho due bambine piccole di 4 e 1 anno.
Il titolo di Master Sommelier quanto ha inciso nella tua vita professionale?
Sono diventato Master Sommelier il 31 ottobre, purtroppo il giorno seguente in UK è iniziato il lockdown e ancora oggi il settore della ristorazione sta subendo molte restrizioni. Non credo di avere ancora capitalizzato davvero questo importantissimo riconoscimento di cui sono molto orgoglioso, è tutto abbastanza bloccato, ho fatto qualche intervista con dei giornalisti del settore ma non ho ancora avuto modo di rendermi veramente conto di quanto sia successo. E’ stato un ulteriore tassello della mia crescita che ha visto tappe importanti come il titolo di Best Uk Sommelier nel 2016 e World Best Young Sommelier Under 31 in Sud Corea lo scorso anno.
Il peso delle competizioni?
A me le competizioni sono sempre piaciute molte, danno molta visibilità per la professione, anche se va detto che ci sono tanti sommelier bravissimi che non si cimentano in questo tipo di prove. Io credo che possano servire perché oltre a farsi conoscere soprattutto ti mettono alla prova con te stesso. Ogni prova è un obiettivo, tanto studio finalizzato non solo a un esame o una competizione, ma è anche una maniera più concreta per verificare sul campo l’apprendimento.
Come mai gli italiani non hanno mai avuto feeling con il Master Sommelier?
E’ una bella domanda che mi sono fatto molto spesso, dopo Gino Nardella nel ‘79 storico Master Sommelier che opera su Londra, ci sono io. In mezzo molti anni di vuoto, non credo che non ci siano stati talenti nella degustazione del vino in Italia, ma è anche un aspetto culturale. Molti bravissimi sommelier in Italia si fermano alla scuola dell’Ais, che sono basi validissime ma per espandere il proprio raggio d’azione è necessario mettersi in gioco anche a livello internazionale.
Che momento sta vivendo la sommelerie italiana?
Secondo me nei prossimi anni ce ne saranno molti altri di Master Sommelier, la sommelerie italiana sta vivendo un momento d’oro, adesso ci sono tanti sommelier forti con cui siamo preparati che sono pronti per fare il grande salto, andando quindi oltre anche quegli stereotipi che vedevano gli italiani carenti tra i Master Sommelier.
Che clima si respira a Londra?
Molto pesante, la salute viene prima di tutto, ristorazione e mondo del vino sono stati durante colpiti, anche se bisogna dire che il governo ha aiutato parecchio il settore, supportando almeno a livello di dipendenti con la cassa integrazione e altre misure di sostegno.
Per te cosa vuole dire essere un sommelier?
Sommelier is a lifestyle, uno stile di vita e di approccio al mondo del vino in cui non si smette mai di imparare, in tutti questi anni non ho mai smesso di studiare e non mi sono mai fermato. Qui prima del Covid-19 c’era un grandissimo fermento, tutti cercavano staff e non avevamo abbastanza i sommelier, dove circa il 60% della community dei sommelier di Londra è composto da italiani, c’è un rapporto di uno a uno tra un cameriere e un sommelier.
Il vino italiano visto da Londra?
E’ molto forte e ne sono contento, questo è un mercato molto importante per vino italiano, credo che debba crederci ancora di più per cercare di accorciare il gap che rimane ancora nei confronti del vino francese anche se si è accorciato. Ci sono denominazioni come Barolo che da quando sono arrivato sono molto cresciute, in generale il Nebbiolo piace e questo potrebbe essere un traino anche per altre zone che in carte internazionali fanno un po’ più fatica come Valtellina per esempio. Brunello e Chianti le conoscono tutti e vanno sempre bene, agli inglesi piace viaggiare e scoprire magari aree piccole dell’Italia, sono già ben educati e noi facciamo il possibile per continuare in questa direzione. La Francia rimane prima, ma l’Italia in una sorta di graduatoria è al secondo posto, il divario non è incolmabile, ma i cugini francesi possono contare su un tris come Champagne, Bordeaux e Borgogna che tira tantissimo.
La Brexit?
Mi sento di dire che non si sa ancora come sarà quanto il post accordo, è ancora presto per fare delle valutazioni perché siamo ancora in piena pandemia Covid, probabilmente una risposta in tal senso si potrà dare tra un sei mesi. Il deal raggiunto a fine anno ha permesso di tirare un sospiro di sollievo, ma per un impatto sulle importazioni di vino italiano ci vorrà ancora del tempo per capire.
I trends del mondo del vino italiano nel mondo visti da Londra?
E’ difficile fare delle previsioni, ma su una cosa sarei sicuro, il boom del Prosecco Rosè in Uk sarà un successo. Ho visto crescere parecchio il Barolo, rispetto alla mia prima carta del vino oggi in molti ristoranti di un certo livello c’è una bella selezione di Barolo. Amarone della Valpolicella rimane un vino molto conosciuto, rimanendo tra i rossi molto bene anche l’Etna, mentre come vini del sud in generale piacciono Taurasi a base di Aglianico del Vulture, il Primitivo sfrutta l’onda del turismo in Puglia dove molti inglesi vanno in vacanza. Le bollicine di metodo classico fanno fatica ad emergere per un rapporto qualità/prezzo che favorisce lo Champagne in un ristorante internazionale, se invece stiamo in un ristorante italiano Franciacorta Trento Doc la fanno da padroni con i grandi brand.
Che programmi hai nel tuo futuro?
Sto lavorando ad alcuni progetti futuri per aumentare il raggio d’azione e il network di contatti e relazioni, mi piacerebbe rimanere in contatto con l’Italia e poter rappresentare marchi importanti come Wine Ambassador per chi ha l’ambizione di espandersi a livello internazionale.
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