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Lo Spritz Prohibido di Roberto Pellegrini, fra storie di bar, lusso e sport


Una serata speciale al bancone con un grande barman come Roberto Pellegrini, terzo ospite delle Flores Classic Drink Night di martedì 11 ottobre al El Porteño Prohibido di Milano. Al bacone del locale di via Melloni 9 del gruppo Dorrego Company sale in cattedra Roberto Pellegrini, papà della “Divina” Federica Pellegrini, oggi formatore e per anni barmanager di altissimo livello a Venezia. Una carriera iniziata prestissimo al bancone a 16 anni per aiutare un amico della mamma in un bar in Piemonte, la prima stagione fuori casa a Rimini a 18 anni, grazie a Gastone De Cal, un mito della miscelazione in quegli anni, capo barman all’hotel Danieli. Ci lavorerà, prima di entrare a 19 anni al Florian in piazza San Marco. “Me ne sono andato a 35 anni, per passare prima al Danieli e poi al Gritti, tempio del lusso veneziano”. Di lui colpisce la passione e la conoscenza, ma anche e soprattutto l’umanità. “Ho passato una vita al bar, oggi che sono formatore lavoro quasi più di prima ma la mia vita l’ho dedicata al bancone dove ho conosciuto personaggi importanti della storia quando a Venezia passava veramente il mondo”.


Ti definisci uno storico dello Spritz, da dove parte la storia?
Lo Spritz in origine era semplicemente un vino bianco tagliato con acqua gasata, verso fine ‘700, inizio ‘800, quando il Regno Lombardo Veneto era in mano agli austriaci. Per le truppe straniere il vino locale era troppo pesante, così si diffuse l’abitudine di correggerlo con l’acqua gasata.

Quando nasce il cocktail come lo conosciamo oggi?
Solo dopo gli Anni Venti del secolo scorso si consolida l’usanza di macchiare lo Spritz con un po’ di bitter o di amaro. Era una sorta di lusso, una variante che si faceva con quello che si aveva a disposizione. Prima si usavano prodotti come Rabarbaro e Bianco Sarti, poi sono arrivati le versioni con l’Aperol, con il Campari e con il Select.

Gusto fresco, leggero frizzante e beverino, dove nasce il successo?
Prima di tutto lo Spritz è convivialità, si beveva in piazza per stare insieme e quello del bere era solo un pretesto che veniva dopo, grazie anche alla diffusione in una zona come il Veneto dove i consumi sono sempre stati elevati.

Il triangolo d’oro dello Spritz?
Si tra Venezia, Padova e Treviso si è diffusa la moda dello Spritz, ma il vero impulso per portarlo nel mondo è arrivato dagli americani che passavano da Venezia che lo hanno esportato con volumi da record.

Quando è entrato nella lista IBA?
Nel 2011, con la codifica come Spritz veneziano, se la versione più comune oggi è quella con l’Aperol, ottime varianti sono pure quelle con il Campari, il Cynar, il Rabarbaro o il Select.

Perché è piaciuto così tanto agli americani?
Gli americani in generale erano orientati verso un gusto più secco, ma il successo è stato dettato dalla bravura dei barman veneziani che hanno saputo creare un momento di atmosfera con le colorazioni dello Spritz che prendevano le tonalità del tramonto, sorseggiando un drink fresco, facile da bere e da preparare.

Quanto conta l’utilizzo degli ingredienti giusti?
E’ fondamentale utilizzare ingredienti di qualità, in primis con l’introduzione del ghiaccio giusto a inizio anni 2000 c’è stata un’altra vera rivoluzione, che consentiva di tenere la bevanda per ore nel bicchiere senza che si sciogliesse.

Come si diventa grandi barman negli alberghi più esclusivi?
Non mi sono mai spiegato perché le persone con noi barman si aprono e ci raccontano i loro segreti, in fondo siamo dei lavabicchieri. Forse il motivo è che il bar del grande albergo di lusso come quello sotto casa è casa, io sono praticamente nato in un bar di famiglia, quando si parlava di tutto ma si ascoltava soprattutto molto, non come oggi.

Sei a contatto con i giovani nella tua veste di docente della scuola Dieffe di Padova, come rispondo?
Bisogna saperli prendere, hanno voglia di imparare e di conoscere, rispetto ai miei tempi con l’utilizzo di internet e dei social hanno a disposizione molte più informazioni, ma questo a volte non è sufficiente. Vedo sempre più ragazze che sono molto più sveglie, una volta eravamo noi maschietti in classe a fare un po’ i bulletti, ora le parti si stanno invertendo, anche se sapevamo che al rientro a casa le avremmo prese dai nostri genitori.

Come ci si sente ad essere riconosciuti come il papà di Federica Pellegrini, la Divina?
Per la nostra famiglia è stato tutto molto normale, ma soprattutto il tempo è volato. Quando ti dicono che tua figlia a 14 anni va alle Olimpiadi non ci credi, il nostro è stato un compito come quello di tanti genitori che accompagnano i figli a fare sport. Se lo fai con amore non ti pesa e non sono sacrifici. Alla presentazione del documentario di Federica a Milano piangevano tutti per l’emozione, io e mia moglie Cinzia no perché quei venti anni di piscina avanti e indietro per le gare li abbiamo vissuti, era la normalità.

Federica è appassionata di Spritz?
In generale in famiglia ci piace bere bene ma in maniera responsabile, io in quarant’anni di carriera non mi sono mai ubriacato. Federica con un papà e un fratello barman, visto che anche mio figlio Alessandro ha intrapreso la carriera del bancone oggi a Venezia dopo esperienze importanti a Londra, non poteva che essere un’amante del buon bere, specie adesso che ha finito la carriera agonistica.

+info: www.dorregocompany.com

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