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Anno Domini 2007. Chi scrive era un ragazzino a fine del liceo, nato e cresciuto a Novoli, con come unico mezzo di trasporto l’autobus e sporadicamente la seconda metà della sella di un motorino. Uscire in centro era complesso, uno di quei privilegi che si riserva al week end, e visti i budget limitati tanto quanto l’offerta, la sera si poteva fare soltanto due cose: stare a casa o andare da Strizzi Garden.

Il locale che sovrasta la congiunzione di due fiumi, neanche fosse il mausoleo dell’Indiano al fondo delle cascine, è stato infatti per anni l’unico faro di divertimento nel buio della periferia nord fiorentina. È qui che la mia generazione ha scoperto il bere miscelato, ed anche concetti come l’ “apericena”, in questo locale in mezzo al nulla, dove ci devi venire apposta. E noi apposta ci venivamo, da Novoli e non solo: attratti dai prezzi bassi e dalla musica alta il locale era all’epoca emblematico ed attrattivo per tutta la città.

Durante gli anni dell’università, complice anche la vicinanza geografica, tornai ancora qualche volta a Strizzi Garden, ma con meno convinzione. Il menù non sposava più i miei gusti, i bicchieri di plastica e la clientela da Mojito tutto l’anno, così come il progressivo affermarsi dello Spritz mi sembravano appartenere ad un’altra generazione e ad un modo di bere sempre più lontano dal mio.

Trasferitomi da Firenze, Strizzi è uscito dai miei pensieri per sempre, ed anche quando sono tornato dopo anni d’assenza in città, e mi sono dedicato alla scrittura sul mondo dei cocktail, mai mi è passato per la testa di inserirlo nei miei giri di recensioni.

Solo un’amica continuava con insistenza a dirmi di passarci, ma io, tra scarsità di tempo e poco interesse, per mesi ho rimandato. Questa lunghissima premessa, scritta in prima persona, serve non solo ad ammettere il mio errore pubblicamente, ma anche perché so, frequentando quest’ambiente da anni, che molti esperti di cocktail avranno storto il naso fin dal titolo di quest’articolo, basandosi (come me) sui loro ricordi di gioventù. Ed è a tutti loro che vorrei rivolgere l’invito e la sfida di andare a provare la miscelazione di questo locale, che negli anni non è cambiato, si è semplicemente evoluto come ognuno di noi.

Il titolare Daniele Ariani è a modo suo la metafora di questa evoluzione: all’epoca dietro il bancone, oggi in veste di responsabile a supervisionare ed a ragionare sullo sviluppo dell’offerta del suo cocktail bar, è riuscito a mettere insieme un team di bartender giovani,capaci ed ambiziosi, coordinati da Antonio Romano. Un’intera bottigliera di homemade si pone alle spalle dei ragazzi con gli shaker, e l’assortimento di liquori e distillati mira decisamente verso il premium. La Cocktail List, composta solo da signature, propone un livello tecnico di preparazione decisamente alto, che sposa sapori insoliti e tecnologie avanguardistiche.

Questa evoluzione non si basa soltanto sulla volontà, ma anche su anni di studio e applicazione, attenzione ai trend globali e alle tematiche attuali. Dalla qualità del ghiaccio, alla scelta dei bicchieri (ora rigorosamente in vetro), fino alla cura per le garnish, ogni dettaglio e seguito e curato. Un modus operandi che non a caso ha anche creato curiosità e menzioni anche all’estero.

 

C’è una sola cosa che non è cambiata in questi anni: la clientela! I giovani, oggi come allora, sono i principali clienti di questo Cocktail Bar e questo rende ancora più sorprendente la trasformazione. Noi andavamo lì perché non avevamo scelta e i prezzi erano competitivi, i ragazzi di oggi (anche complice la tramvia, che permetterebbe di andare in centro) invece, vengono qui e ci spendono (in linea con molti locali del centro) perché gli piace e hanno capito il messaggio del locale. La vera, grande rivoluzione di Strizzi Garden è quella di aver saputo fare cultura ed avvicinare le nuove generazioni al bere miscelato di qualità, bevendo meno ma decisamente meglio. Meno di un anno fa ho girato tutta la Toscana cercando i locali che fossero ambasciatori di questi valori per il mio libro. Ne avevo uno splendido esempio a pochi metri da casa, e non me ne ero mai accorto.

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