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L’effetto combinato prodotto da cattive condizioni metereologiche e da malattie in Brasile e negli Stati Uniti, che sono i principali Paesi produttori, ha provocato quest’anno un’impennata del 60% del prezzo del succo d’arancia concentrato surgelato quotato al mercato future di New York. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che si tratta di un prodotto massicciamente importato anche in Europa dove non tarderanno a farsi sentire gli effetti sulla spesa dei consumatori.

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La speculazione, in attesa di un crollo della produzione, si è spostata dai mercati finanziari a quelli delle materie prime agricole facendo balzare in alto il prezzo del prezioso agrume. Il Dipartimento all’Agricoltura degli Stati Uniti prevede che, nel 2016, la produzione di succo d’arancia del paese ammonterà a un totale di 885.000 tonnellate, in calo di quasi un terzo rispetto a due anni fa soprattutto per il calo in Florida mentre in Brasile, temperature più alte del normale hanno danneggiato significativamente lo sviluppo della frutta e il prezzo delle arance fisiche utilizzate per la produzione di succo ha toccato, a San Paolo, un nuovo picco record. Il succo di arancia è la varietà più consumata al mondo, rappresentando oltre il 40% del totale gusti. I due più grandi mercati di consumo al mondo sono gli USA e la Germania.

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La situazione è destinata ad avere ripercussioni anche in Italia dove è presente un consistente flusso di importazioni, anche attraverso triangolazioni con Paesi europei, per la preparazione di succhi d’arancia da spacciare come made in Italy perché non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta per l’ortofrutta trasformata. Una mancanza di trasparenza che ha contribuito a provocare la scomparsa in Italia – denuncia la Coldiretti – di una pianta di arance su tre (31%) che è stata tagliata negli ultimi quindici anni, ma si sono anche verificati il dimezzamento dei limoni (-50%) e una riduzione del 18% delle piante di clementine e mandarini. Negli ultimi 15 anni – sottolinea la Coldiretti – sono andati persi 60mila ettari di agrumi e ne sono rimasti 124mila, dei quali 30mila in Calabria e 71mila in Sicilia. Sotto accusa – conclude la Coldiretti – i prezzi pagati agli agricoltori che non riescono neanche a coprire i costi di raccolta a causa della concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero, in una situazione di dumping economico, sociale ed ambientale.

+Info: www.coldiretti.it

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