La “Sugar Tax” è pronta a cambiare le carte in tavola del mercato beverage italiano. Prevista dalla legge di Bilancio 2020, la tassa sullo zucchero ha il preciso obiettivo di convincere le aziende che producono bevande zuccherate a diminuire la quantità di saccarosio, seguendo così l’esempio di altri Paesi europei (Inghilterra e Francia) e, seppur meno drasticamente, di quelli sudamericani.
A indicare la via da seguire, d’altronde, è stato proprio il Governo cileno ormai quattro anni fa, con l’entrata in vigore di una “tasa para el azúcar” che in poco tempo ha ridotto addirittura del 23% le vendite di bevande zuccherate. Un vero e proprio sconvolgimento del mercato, ottenuto attraverso due precisi provvedimenti: il divieto di vendita di bevande zuccherate nelle scuole e l’adozione di severe etichette in bianco e nero per educare le famiglie e i loro bambini sui pericoli legati al consumo delle suddette bibite, oltre che di cibi ad alto contenuto di grassi, sodio e zuccheri, orientandoli nel loro processo di nutrizione. Come avviene in Italia quando si acquista per esempio un pacchetto di sigarette, il consumatore cileno viene infatti preventivamente messo in guardia sui rischi che l’acquisto e l’utilizzo di un determinato prodotto, in questo caso di un alimento, possono avere sul suo organismo.
Entrato in vigore nel 2016, quando il popolo cileno consumava più bevande zuccherate pro capite rispetto a qualsiasi altro Paese della terra pagandone conseguenze tremende in termini di obesità, diabete di tipo 2 e altri problemi di salute, il nuovo regolamento cileno include inoltre i più severi limiti al mondo su come e dove le aziende possono pubblicizzare il cosiddetto junk food tra i bambini. Ma non è finita qui, perché in Cile sono costantemente diminuiti anche i livelli di zucchero, sale e grassi ammessi in cibi e bevande tramite l’introduzione di normative ancora più ristrette indirizzate ai produttori. Tanto che, entro due anni, la quantità consentita di saccarosio negli alimenti senza etichetta di avvertimento dovrebbe scendere da 22,5g per 100g a 10g per 100g, mentre il sale si dimezzerà da 800mg a 400mg per 100g. Con un lungimirante sguardo al futuro e alla salute di una nazione chiamata inevitabilmente a cambiare, nel corso del tempo, quelle cattive abitudini alimentari che l’hanno da sempre contraddistinta (il Cile, ovviamente, così come tanti altri Paesi del continente americano, tanto a Nord quando al Centro e al Sud) mediante un esempio positivo di legislazione che diversi Paesi europei, Italia compresa, sembrano intenzionati a fare presto proprio. Seppur ciascuno in misura e in condizione diverse.
Fonte:
journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1003015