Bernardo Caprotti, patron della catena di supermercati Esselunga, in una lettera indirizzata ai suoi collaboratori più stretti, ha annunciato che il 23 dicembre p.v. lascerà tutte le cariche e le deleghe operative in Esselunga. L’imprenditore 88enne smetterà di essere dipendente della sua azienda dopo 62 anni di lavoro continuativo. Quando nel 1965 prese la direzione della Supermarkets (poi Esselunga) c’erano 15 supermercati, oggi sono 144 con 6,8 miliardi di fatturato, 20mila dipendenti e bilanci ampiamente in utile. Una cavalcata imprenditoriale che ha pochi paragoni in Italia. Caprotti continuerà tuttavia a mantenere la presidenza della holding Supermarkets italiani che controlla Esselunga.
Non si ha ancora idea del successore alla guida della catena di supermercati. Si parla di un testamento depositato dal notaio in cui Caprotti avrebbe previsto nei dettagli la suddivisione patrimoniale: tutta la famiglia e tutti i figli (due dal primo matrimonio e Marina dal secondo) dovrebbero essere i beneficiari della successione. «Poi si arrangeranno…», avrebbe aggiunto con una certa rassegnazione, convinto di aver fatto il possibile per garantire l’integrità, la salute e il futuro del suo quarto figlio: Esselunga. L’azienda, secondo Caprotti, ha già una struttura di manager e governance che è una garanzia. E le voci di vendita che ogni tanto tornano? Non è in vendita, rimane in famiglia. Rimane l’incognita sull’azione giudiziaria civile promossa dai due figli. Nel febbraio 2011 il capofamiglia smontò il contratto fiduciario sul 100% di Supermarkets Italiani, «riprendendosi» il controllo. Lui l’avrebbe spiegata così: la governance era a rischio e con essa era a rischio l’azienda con i suoi 20mila dipendenti, per questo ha riafferrato le redini del gruppo.