L’estate romana si arricchisce di una nuova incredibile location dal carattere sognante e visionario. A pochi passi dal Vaticano, la terrazza Mirador, incastonata nel verde di Villa Agrippina, della compagnia Gran Melià Hotel International, ricrea, grazie a un raffinato design, a musiche chill out e ricercate proposte di mixology, accompagnate da una cucina japanese & fusion, le seducenti atmosfere delle Baleari. Nel centro della Capitale, un giardino lussureggiante ricco di ficus, artemisia, bossi, palme, mirto, inebria con profumi e colori di una oasi mediterranea.
A rendere irresistibile l’offerta, una drink list che, in linea con i trend della mixology in costante crescita nel mondo, dà particolare attenzione al pairing con il food e alle proposte low alcol perfette per la stagione più calda. Le presentazioni poi si pongono subito sul livello del must have. A illustrare il fil rouge dei cocktail, il bar manager, Domenico Riccardo: “Per questa stagione estiva, abbiamo unito la parte Mediterranea nostra, propria del Melià, con la parte asiatica perché quest’anno lo chef è giapponese. Sono queste le due anime del Mirador. Insieme Koji Nakai ho cercato di costruire una parte alcolica che racchiudesse le due culture. In ogni drink vi è questo richiamo. Da un lato spirit, frutta, verdure e spezie mediterranee che vanno a sposarsi con shiso, yuzu, sudachi. Queste note esperidate nipponiche vanno spesso a sostituire quelle nostre più tipiche agrumate. Inoltre utilizziamo in qualche drink anche il sakè lavorandolo come un gin o una vodka”.
I signature in carta traducono l’afflato filosofico di questo melange di culture. Si passa da un Sol Ponente, con Sake, Liquore yuzu, Cordiale ai frutti gialli, Acqua bianca, Basilico, Tonica Thomas Henry a un rinfrescante Cala Bianca, con protagonisti Vodka Sky 90, Sudachi, Sciroppo di zucchero, Cetriolo, Menta, Champagne passando per l’Alminia Blue, Rum Trois Rivieres, Blue Curacao, Ananas, Sudachi, Passion Fruit. Non mancano incursioni nel Centro – Sud America con il Pilar a base di Tequila Espolon, Triple sec, Lime mango, e il Sant Ferran, ovvero Mezcal Montelobos, Liquore zenzero, Liquore bergamotto, Lime. Per gli amanti della tradizione l’imbarazzo della scelta con tra gli altri Americano, Negroni, Paloma, French 75, Southside. Assolutamente non banale le proposte in tema di Alcohol free. Già diventato un cult il Vorrei ma non posso, con Tanqueray 0, Succo di sudachi, Sciroppo di agave, Seltz; cui si affianca il Ginzen, con Succo di cranberry, Succo di yuzu, Ginger beer e il Su, dai Cì! Con Succo shiso rosso, Succo di sudachi, Soda al mate Organics.
“Io credo tantissimo nel vermouth, bitter e le note amaricanti – continua Domenico – Erano sempre presenti nelle nostre credenze, tante aziende hanno ricominciato ad investire in questo comparto ed io non mi esimo dal seguire un trend che tocca anche i miei sentimenti. Per quanto riguarda l’andamento dei gusti e consumi, nel match tra sudamerica e oriente, vincono questi ultimi perché hanno la cultura del sacrificio e del lavoro, sanno osservare ed ascoltare. Oltre ad avere capacità finanziarie e di territorio, hanno sempre prodotti premium. Anche gli entry level si posizionano in fascia medio alta. Qui al Mirador abbiamo creduto tanto nel sakè e la risposta della clientela ci ripaga. Ritenevo giusto avere una selezione. L’Oriente per me non sarà più un outsider del mercato. Parla la loro etica del lavoro. Basta pensare alla dedizione che applicano nel sake, come limano il chicco di riso per ottenerlo. Hanno una precisione e ricerca maniacale nella cura del dettaglio. Dalla scelta del vetro, del tappo, passando per il packaging, sono veramente dei numeri uno. In tutto ciò poi si inquadra l’evoluzione del mercato. È cambiato il mondo e la miscelazione da clubbing si è trasformata. Quella di una volta era tarata su un consumo rapido. Ora invece si beve meglio. Dobbiamo però sempre ricordarci che tutto ciò che nasce nella cocktellerie moderna, è sorto a fine ottocento e primo novecento. Poi abbiamo avuto un cinquantennio dove si è lavorato tantissimo, c’è stato un gran sviluppo che ha portato al quadro attuale dove tutto non è lasciato al caso. Addirittura ti capita di andare in locali top dove ti servono una carta delle acque”.
Sul futuro Domenico non ha dubbi: “Attualmente siamo estremamente attenti alla cura estetica. L’apparire è fondamentale per questo è salito il livello di attenzione nei confronti della salute. Il trend dei cocktail a bassa gradazione sarà sicuramente di rilievo nel futuro. E le prime avvisaglie ci sono. Penso al successo del nostro cocktail Vorrei ma non posso. Tanta gente sia perché deve guidare o per ragioni salutistiche sceglie questi drink a 0 o bassa gradazione. Un bravo bartender ora non considera più l’astemio come una figura da cui stare alla larga. Adesso deve mettere a disposizione la propria esperienza, il proprio talento nell’analcolico che creato con garbo e gusto può riservare molte sorprese. Io credo che il food pairing con cocktail avrà successo solo se lavorerò di pari passo con la cucina, ovvero sapere dove mi serve lavorare con la nota sapida, dove è necessario sgrassare, dove ricercare un elemento ricco di parte zuccherina, oppure qualcosa di amaricante. Con questi passaggi, miscelazione, devo trovare un equilibrio. Solo così riesco a bere bene un cocktail. Ma il vino non scomparirà. Su questa moda dico che in Italia arriveremo come al solito un po’ più tardi della scena internazionale. Ritengo che in senso generale bisogna credere nella sinergia tra chef e nel bar manager investendo risorse e avendo il desiderio di comunicare questa relazione”.
Come già anticipato, al Mirador in cabina di regia ai fornelli, lo chef giapponese di Kobe, Koji Nakai con una cucina che segue la tradizione nipponica composta di rigore e serietà, unitamente ad un pizzico di libertà. Da una parte il rispetto verso la tradizione nipponica, come nel trattamento del pesce che viene lavorato subito, “purificandolo” con sale o con soluzioni saline a seconda della provenienza, seguendo una pratica orientale, la stessa che si usa nella costruzione dei piatti, seguendo il pentagono dei gusti. Dall’altra alcune proposte con impronte fusion con ingredienti e ricette provenienti da tradizioni culinarie diverse, una sorta di melting pot culinario. Spazio dunque, a edamame, gyoza, nigiri, hosomaki, urakami, roll, temaki, yakitori e pesce crudo a profusione. Il Fusion invece spazia tra tartare di tonno con salsa ponzu sugazpacho orientale, fish/tori/veggie bao, tandori salmon, gapao thai rice. Dall’aperitivo al dopocena, Mirador un indirizzo da inserire fra il cult del carnet dell’estate 2023.
+info: www.terrazzamirador.it/