C’è un nome che nell’immaginario gourmet riporta subito alla carne. Varrone, sinonimo di carne di qualità ma non solo. Da Varrone la griglia è l’indiscussa protagonista, alimentata dal legno di quercia perfetto per questa tipologia di cottura, illuminata dalle fiamme del fuoco vivo. Un menù con materie prime da tutto il mondo, ognuna con una propria cottura e un suo spazio. Non solo filetto, ma costata, entrecôte, fiorentina, oltre a riscoprire anche tagli considerati meno nobili. Dietro questa insegna c’è tanto altro. Dopo tanti anni attività c’è stato un rebrading aziendale, mandando in archivio la griglia che era abbastanza scontata, come se fosse un marchio di fabbrica. Un nuovo logo e un restyling aziendale avvenuto circa un anno e mezzo fa. Sotto il cappello di Varrone ci sono anche altre attività. Varrone pasta, Varrone pizza a Lucca e a stretto giro anche a Milano. Abbiamo intervistato Tony Melillo, sommelier e restaurant manager oltre che braccio destro del patron Massimo Minutelli, spaziando dalla carne al vino, parlando di annate, di abbinamenti e di pizza.
Raccontaci il tuo percorso professionale?
Sono un toscanaccio puro, anche se non si direbbe dal nome, la mia famiglia e anche miei genitori sono originari di Lucca dove ho vissuto prima di trasferirmi a Milano. Prima ero più concentrato solo sul vino, ho fatto varie esperienze seguendo anche altre tipologie di ristorazione, dopo che negli ultimi dieci anni mi sono specializzato sul mondo della carne e in quello del vino grazie a Varrone.
La filosofia di Varrone?
Prima dell’avvento a Milano di quella che all’epoca si chiamava la Griglia di Varrone, c’era già chi puntava su locali monotematici con la carne in cucina. Grazie al sistema dei ristoranti argentini che dominavano il mercato in quegli anni, siamo entrati portando una qualità altissima e un locale elegante, cercando di fare sempre del nostro meglio migliorando giorno dopo giorno. Non siamo stati i primi, ma abbiamo aggiunto un tocco di design e la nostra esperienza da toscani.
Come sono stati gli inizi?
Non è stato facile, eravamo quelli che arrivavano da un paesello toscano come Lucca dove eravamo bravi, ma Milano è un’altra cosa. Grazie a un lavoro di grande attenzione sul cliente sulla piazza siamo riusciti a partire bene. Non nego che ci ha dato una grossa mano la partecipazione al format televisivo 4 Ristoranti. Sino a quel momento avevamo avuto una buona visibilità, ma pur arrivando secondi c’è stato un riscontro incredibile, l’attività andava già bene e c’è stata una crescita pazzesca e questo anche grazie all’evoluzione dell’immagine di Varrone.
Il vostro target di clientela?
Varrone è per tutti, vengono gruppi di ragazzi giovani, famiglie con bambini, coppiette, poi ci sono pranzi e cene di lavoro business durante la settimana, una presenza variegata che riflette anche la zona di Miano in cui ci troviamo, in via Tocqueville 7 a due passi da quel corso Como che sprigiona sempre una grande energia.
La cantina di Varrone?
Abbiamo circa 700 e passa etichette, siamo molto specializzati sul vino toscano e in particolare dopo il covid abbiamo scelto di puntare forte sul Brunello di Montalcino, perché da toscano e da grande appassionato di Sangiovese, credo che questo sia l’abbinamento migliore con la bistecca. Siamo arrivati ad avere anche una selezione di circa duecento cantine solo di Brunello con varie annate in carta, un lavoro di valorizzazione del vino toscano che mi è valso il premio Leccio d’oro.
Fuori dai confini della Toscana che cosa avete in carta vini?
In un locale come il nostro non possono mancare i più i grandi vini di Bordeaux e Borgogna se andiamo in Francia dove teniamo qualche etichetta di Champagne, Barolo e Barbaresco con una bella gamma di alcune delle grandi griffe di Langa con una profondità e poi ovviamente non può mancare anche una zona di grandi rossi come la Valpolicella.
Il tuo rapporto con l’Amarone della Valpolicella Classico?
Allora da buon toscano devo essere sincero, ho sempre fatto un po’ fatica con un vino muscoloso come l’Amarone della Valpolicella Classico che mi piace tanto, ma lo trovavo un po’ pesante e facevo sempre fatica ad arrivare a fine bottiglia, anche perché ero influenzato da qualche retaggio che non mi permetteva di andare più a fondo per capirlo.
Poi c’è stata la degustazione di The Library di Bertani?
Devo dire che avevamo già in carta l’Amarone della Valpolicella Classico Bertani, una grande azienda, con un nome forte anche a livello internazionale per prestigio e qualità. Prima della degustazione The Library non avevo avuto modo di assaggiare così in profondità le annate di Bertani, grazie a questo progetto molto interessante mi sono dovuto ricredere.
Che annate ti hanno colpito maggiormente?
L’annata 2005 è devastante, un vino fantastico di una finezza unica, un Amarone che non mi aspettavo così pulito ed elegante. Sono andato oltre i miei canoni, visto che oggi non amo particolarmente i vini oltre i dieci anni di vecchiaia, sono rimasto davvero impressionato da questa finezza unica, che su un 2005 non me l’aspettavo, sembrava di assaggiare un vino del 2010. Abbiamo assaggiato anche qualche altra annata, anche se faccio più fatica a degustare vini così evoluti con sentori terziari, una volta li bevevo e mi piacevano molto, oggi prediligo maggiormente la bevibilità in un vino anche come abbinamento.
Altre etichette della Library Bertani?
Non ho ancora avuto modo di assaggiare l’ultima uscita sul mercato, ma ho fatto man bassa dell’annata 2012, poi sono andato anche e pescare tra la 2008 e 2010 e ovviamente la 2005.
Che tipo di abbinamento proponete con questa tipologia di vini?
Quando ci viene chiesto un Amarone della Valpolicella cerchiamo di proporre dei tagli di carne con una buona struttura, perché altrimenti verrebbero sovrastati dal vino, senza mai dimenticare il nostro motto “The Philosophy of Meat Excellence”, con preparazione e cottura ideali, per proporre ai clienti di Varrone solo piatti di altissima qualità.
Ci sono novità sulla piazza di Milano per Varrone?
Si tra qualche settimana ci sarà l’apertura di Varrone Pizza in zona De Angeli, un progetto che segue l’esperienza di Lucca nato dalla necessità. Avevamo un format divertente che si chiamava Pesce e fuoco, poi con il covid praticamente non sapevamo cosa fare con quel locale, allora a luglio del 2020 si decise di farci una pizzeria. Non avevamo grande esperienza nel campo, ma Massimo Minutelli è un grande gourmet, un gastronomo molto preparato che ha girato molto, abbiamo fatto il primo impasto e siamo partiti.
Che tipo di pizza sarà?
Una pizzeria contemporanea, facciamo la biga, un lievito madre che dona una pizza leggerissima e bellissima, tra speciali, classiche e tradizionali, un’offerta ricercata grazie alla ricerca di Massimo con ingredienti come pomodoro giallo, acciughe, mozzarelle, pistacchi e tanto altro. C’è molta attesa per questa apertura che sarà in via Faruffini in zona de Angeli, io non sarò impegnato direttamente ma saprò dove andare a mangiare una buona pizza.
INFO www.bertani.net/library/home/