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Quasi tutto il caffè prodotto oggi nel Paese è esportato e solo una quantità trascurabile è trattenuta per il consumo locale. Nel tentativo di salvare la cultura del caffè ugandese e di migliorare le condizioni dei piccoli produttori, nel 2012 un gruppo di contadini proprietari di aziende a conduzione familiare ha costituito un Presidio Slow Food.

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Gli ugandesi hanno con il cosiddetto “chicco d’oro” un legame culturale e sociale di lunga data. Prima che i baganda iniziassero a coltivarlo nei loro giardini, il caffè robusta (Coffea canephora) cresceva selvatico sulle rive settentrionali del lago Vittoria. Presso di loro, il robusta era usato per scopi tradizionali e culturali, come suggellare la fratellanza di sangue o accogliere nuovi membri all’interno della comunità.

Dal colonialismo alle corporation
Fino al 1894 la pianta del caffè era considerata sacra ed era coltivata finché gli inglesi non pianificarono l’unificazione delle comunità, creando un unico stato governabile che avrebbe portato alla nascita dell’Uganda. I colonizzatori avviarono la commercializzazione del caffè, dopo aver convinto la popolazione locale che consumare questa bevanda faceva male alla salute. Col tempo il caffè perse divenne un tipo di coltura destinato unicamente all’esportazione.

Le piantagioni di caffè a conduzione familiare sono più di 1,3 milioni
Il governo coloniale favorì la creazione di vaste piantagioni di robusta nell’Uganda centrale e introdusse le varietà di arabica dall’Etiopia e dal Malawi. Ma quando nel 1919 le tenute degli inglesi andarono in rovina a causa di un crollo dei prezzi del caffè nel mercato mondiale, le aziende a conduzione familiare dovettero assumere il controllo della produzione. Oggi in Uganda le piantagioni di caffè a conduzione familiare sono più di 1,3 milioni e garantiscono il sostentamento di 5 milioni e mezzo di ugandesi. Il caffè rappresenta il principale guadagno derivante dalle esportazioni. Grazie ai piccoli agricoltori l’Uganda è il principale produttore di robusta e il secondo produttore di caffè del continente africano dopo l’Etiopia.

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Il prezzo di vendita lo fanno le corporation
Tuttavia, nonostante la grande importanza sociale, culturale, economica e politica del caffè, i produttori ugandesi sono i soggetti più poveri nella catena del valore e sono alla mercé delle corporations che determinano il prezzo di vendita; il mercato è dominato da un numero esiguo di esportatori e giganti dell’industria e da un gran numero di intermediari che trattano con le piccole aziende produttrici di caffè che si trovano al livello più basso della catena del valore. È così che si genera povertà e sottosviluppo.

 

Tutto il caffè prodotto è esportato
Quasi tutto il caffè prodotto oggi in Uganda è esportato e solo una quantità trascurabile è trattenuta da piccoli torrefattori e negozi di caffè per il consumo locale. A peggiorare le cose, il paese importa a sua volta caffè istantaneo lavorato in Europa o in altre regioni africane. È un problema che coinvolge altri stati africani che esportano enormi quantità di cibo per poi reimportarle sotto forma di prodotti lavorati.

 
Una rete di qualità per salvare le condizioni dei piccoli produttori
Nel tentativo di salvare la cultura del caffè in Uganda e le varietà autoctone, e di migliorare le condizioni dei piccoli produttori, nel 2012 un gruppo di contadini proprietari di aziende a conduzione familiare ha costituito un Presidio. Da allora i produttori si sono impegnati nello sviluppo delle capacità, nella tutela ambientale, nella diffusione del sapere indigeno e nella promozione dei metodi tradizionali della coltura intercalare delle banane e del caffè. Particolare attenzione è data alla necessità di garantire al mercato locale un prodotto di alta qualità, e di creare relazioni con vari interlocutori ai diversi livelli della catena di produzione e con altre comunità produttrici del Paese.

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I vantaggi di bere caffè “buono, pulito e giusto”
Accrescere nella popolazione indigena la consapevolezza dei vantaggi di bere caffè “buono, pulito e giusto”, e consentire ai produttori di vendere sul mercato locale caffè di alta qualità, sono due delle soluzioni cui la rete di produttori sta lavorando per vincere le sfide di questo settore dell’agricoltura. Oggi tutti gli agricoltori nel Presidio e altre comunità produttrici di caffè all’interno della rete di Slow Food comprendono l’importanza di produrre caffè di alta qualità anche per il consumo locale e in Uganda vi sono più attività commerciali per la vendita, perché la gente ha imparato a riconoscere le differenti qualità di caffè e sa che le sue possono influire sull’economia locale.

I negozi di caffè sono i principali distributori di caffè locale e illustrano bene l’eterogeneità della coltura. Avvicinano i consumatori ai produttori e raccolgono informazioni preziose su svariati aspetti che riguardano la qualità che in seguito sono riportate ai produttori per consentire loro di migliorare la produzione. Il consumo locale consente di salvaguardare il legame che il paese ha con questa bevanda e riconosce il valore delle aziende a conduzione familiare che continuano a occuparsi delle piantagioni in qualunque condizione. In definitiva, si ampliano le basi del mercato diretto per le aziende locali e si contribuisce alla conservazione della biodiversità.

La Fondazione Slow Food per la biodiversità ha iniziato un percorso per la salvaguardia attiva dei caffè africani. Sono fuori dai circuiti internazionali del commercio globale, ma molto probabilmente rappresentano il futuro della bevanda. In Uganda, Mozambico ed Etiopia Slow Food ha all’attivo tre Presìdi sul caffè, e si sta effettuando un lavoro di mappatura per individuare altre varietà, anche selvatiche. Guarda il video sul Presidio del caffè di Harenna, coltivato in Etiopia.

 

Slow Food a Expo Milano 2015
Lo spazio di Slow Food a Expo 2015 è un grande triangolo situato nell’area internazionale del sito espositivo, all’estremità orientale del Decumano, la via che percorre l’Expo da ovest a est. Siamo vicino a uno degli ingressi principali e a fianco di una grande Collina Mediterranea ricoperta da alberi di fichi, olivi e agrumi. Tutti gli spazi dell’area (percorso Scopri la biodiversità, area degustazione Slow Cheese e Slow Wine, Slow Theather, Orto Slow Food) sono ad accesso libero e gratuito. L’utile dell’area Slow Food sarà devoluto al progetto 10.000 orti in Africa.

 

Fonte: magazine.expo2015.org/cs/Exponet/it/sostenibilita/uganda–si-a-un-caffe-buono–pulito-e-giusto-per-salvare-i-piccoli-produttori

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