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Alessio Selvaggio, presidente di Unionbirrai: “Puntare sul luppolo per arrivare a una birra artigianale completamente italiana”. Con oltre 53mila imprese agricole condotte da under 35, secondo i dati Coldiretti del gennaio 2018, l’Italia è al vertice in Europa per numero di giovani in agricoltura. Un ritorno alla terra che riguarda diverse attività: dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli ‘agriasilo’ fino al settore brassicolo.

Sono sempre più numerosi, infatti, i birrifici agricoli che, come le piccole cantine che producono e vendono vini ottenuti da uve dei propri vigneti, coltivano autonomamente l’orzo e gli altri cereali necessari a produrre la birra. Ciò che distingue un birrificio agricolo da un normale birrificio artigianale è l’obbligo – necessario per godere del regime fiscale agevolato, previsto dal decreto del ministero dell’Economia n. 212 del 2010 – di produrre la birra con una percentuale non inferiore al 51% di materia prima prodotta in proprio. Tuttavia, la filiera produttiva non è ancora completa: i microbirrifici, agricoli e non, dipendono ancora fortemente dall’estero per l’approvvigionamento del luppolo. I maggiori produttori di luppolo a livello internazionale (Germania e Stati Uniti) sopperiscono a circa i due terzi della produzione mondiale, mentre in Italia la superficie complessiva dei terreni coltivati a luppolo è ancora soltanto di circa 50 ettari.

 

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Il potenziale di crescita quindi è enorme: per i circa 500mila ettolitri di birra artigianale prodotti dagli oltre 700 microbirrifici italiani, il fabbisogno di luppolo coltivato sul suolo nazionale potrebbe raggiungere le 300 tonnellate annue, per oltre 200 ettari di nuove coltivazioni. Le possibilità di sviluppo per le aree rurali quindi sono evidenti. “La ricerca sulle qualità autoctone di luppolo, in un’ottica di filiera integrata, è una leva ancora poco esplorata su cui però dobbiamo puntare per arrivare ad ottenere una birra artigianale completamente italiana, rendendo ancora più competitivo un settore che vede attivo nell’export un microbirrificio su tre”, spiega Alessio Selvaggio presidente di Unionbirrai, l’associazione di categoria dei produttori di birra artigianale. Infatti, anche se ormai da diversi anni l’Italia rappresenta la nazione emergente e più interessante dal punto di vista brassicolo, è mancato un contemporaneo sviluppo di luppoli autoctoni capaci di rendere tutte le nostre birre al 100% Made in Italy.

 

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Un tentativo di colmare questa lacuna è arrivato dal progetto di Italian Hops Company, spin off nata nel 2014 dalla Ricerca sul luppolo autoctono italiano dell’Università di Parma e del Comune di Marano sul Panaro (Mo). Dopo anni di ricerca, la start up è riuscita a selezionare tre genotipi di luppolo italiano, registrati con i nomi “Aemilia”, “Modna” e “Futura”. Il trend, dunque, è decisamente interessante in termini di sviluppi futuri per una birra artigianale che possa essere al 100% made in Italy: “Nel 2017 il nostro luppolo fresco è stato utilizzato da circa 50 birrifici”, spiega Eugenio Pellicciari di Italian Hops Company. Molti di loro saranno in gara all’edizione 2018 del concorso “Birra dell’anno” organizzato a Rimini da Unionbirrai nell’ambito dell’evento fieristico Beer Attraction, una delle vetrine più importanti a livello nazionale per la produzione brassicola di qualità.

 

+INFO:

www.unionbirrai.it

 

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