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Nonostante sia terminato il regime di estirpazione con premio, continua l’erosione delle superfici: nel 2012 censiti 655.000 ettari. Le perdite maggiori in Sicilia, Piemonte, Emilia Romagna e Sardegna. Si stoppa il calo in Puglia, in crescita il Veneto, trainato dall’effetto Prosecco. Domenico Zonin, presidente UIV: meno burocrazia, troppe aziende sono disincentivate dall’investire in vigna da norme farraginose e contraddittorie. Nel 2012 il nostro Paese ha assistito all’ennesima riduzione di superfici a vite. L’Italia scende a 655.000 ettari, 9.000 in meno rispetto al 2011, 138.000 rispetto al 2000, quando si coltivavano circa 790.000 ettari a vigna.

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Sono le ultime rilevazioni del potenziale viticolo raccolte dal Corriere Vinicolo (www.corrierevinicolo.com), organo di informazione dell’Unione Italiana Vini, da cui si evince che, nonostante il regime di estirpazione con premio sia ormai concluso da un paio d’anni, l’erosione nei vigneti italiani prosegue in maniera inarrestabile. Tuttavia, scorrendo la situazione per regioni, le eccezioni non mancano. Se le perdite di superficie maggiori sono riscontrate in Sicilia (-4.000 ettari), Piemonte (-2.500), Emilia Romagna (-2.000), Sardegna (-1.700), in aumento risultano invece le superfici in Veneto (+1.400 ettari) e Friuli Venezia Giulia (+800), imputabili all’effetto Prosecco. Si è stoppata l’erosione di vigneti in Puglia, regione che tra 2000 e 2011 aveva perso oltre 24.000 ettari di superficie, concentrati per lo più nel Salento, mentre sono ripartiti gli impianti nelle zone del Nord della regione.

 “Non nascondiamo la preoccupazione per la perdita di potenziale viticolo nel nostro Paese – commenta Domenico Zonin, presidente di Unione Italiana Vini – questo fenomeno, oltre a rappresentare in certe aree sensibili un pericolo in termini di stabilità idrogeologica dei terreni, porta all’erosione di un patrimonio difficilmente recuperabile, che si traduce in abbandono del territorio, perdita di tradizione e cultura legate alla viticoltura, che a sua volta intacca il fascino che il nostro Paese può rappresentare per quel turismo enogastronomico che negli ultimi anni ha dato forte impulso alle economie locali. Sollecitiamo le istituzioni, a tutti i livelli, a non sottovalutare il problema e a porre in atto politiche che possano incentivare il ritorno in vigneto dei giovani e al contempo rendano meno difficile la vita per quelle aziende interessate a investire nella viticoltura. Questo – continua il presidente UIV – può essere attuato abbattendo la burocrazia e uniformando le procedure tecniche: troppo spesso a scoraggiare gli imprenditori è la diversità di leggi e regolamenti non solo tra regioni, ma addirittura fra territori confinanti.

 Al contempo – conclude Zonin – è necessario rendere più appetibili da un punto di vista economico gli incentivi alle ristrutturazioni dei vigneti, che negli ultimi dieci anni sono state un fattore propulsivo importante che ha consentito di rendere il vigneto italiano più performante e remunerativo”. Per quanto riguarda la composizione del potenziale per tipologia di vino, a livello nazionale circa la metà del vigneto è iscritta a un Albo a denominazione di origine (Doc-Docg), il 27% circa agli elenchi Igp e la quota residuale è destinata a vini comuni. Infine uno sguardo a livello mondiale, dove a fare compagnia all’Italia nel trend di riduzione del potenziale viticolo ci sono anche la Francia, che in 10 anni ha perso circa 100.000 ettari, e la Spagna, che ne ha persi quasi 300.000.L’Italia, terza per superficie, è seguita da Turchia e Cina, con oltre mezzo milione di ettari, anche se per questi due Paesi, così come per l’India, non è distinguibile il vigneto a uva da tavola.

 Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Agea, ministeri dell’Agricoltura francese e spagnolo e istituti di statistica o associazioni dell’industria vinicola dei vari Paesi. Per Cina e Turchia, fonte OIV.

 

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