Nell’immaginario collettivo da sempre la figura del barman riporta il pensiero a pellicole di altri tempi, dove diventava protagonista di trame, confidenze e intrecci. Proprio come nei vecchi film, oggi nel cuore di Venezia ritroviamo quella stessa atmosfera all’Oriental Bar dell’Hotel Metropole, lussuoso 5 stelle affacciato direttamente sulla laguna.
In questo angolo di ispirazione orientale, tra armature tailandesi di fine ‘800 e morbidi divani in velluto, ecco spiccare il nostro interlocutore di oggi: Bruno Iaconis, il Primo Barman della struttura ormai dal 2012, ossia poco dopo aver lasciato la sua Brescia con una valigia piena di sogni e di speranze per poi costruirsi una nuova dimensione personale e professionale nella Serenissima. Un percorso ambizioso che ci ha raccontato lui stesso, nella piacevole chiacchierata concessa a Beverfood.com: “Sono arrivato a Venezia nel 2010, mi chiamò qui il grande Tony Micelotta. Dopo due stagioni da lui, nel 2012 sono arrivato all’Hotel Metropole e da lì è nato il matrimonio con l’Oriental Bar. Il locale è cresciuto anno dopo anno insieme a me e al mio staff, estremamente importante per raggiungere risultati e obiettivi”.
Come descriveresti l’Oriental Bar?
“È un locale piccolo e affascinante, con dieci tavoli all’interno e uno splendido giardino di cui godere appieno in estate. Non abbiamo uno stile indelebile o troppo marcato, il nostro concept negli anni ha cambiato più facce e sfumature, adeguandosi anche a quella che è la situazione attuale”.
Quale è la tua filosofia di miscelazione?
“La mia filosofia è pura e semplice: esiste un drink per ogni anima. La mia sfida, dunque, è capire come soddisfare il gusto di ognuno. Per me parlare con il cliente non è soltanto scambiare due parole sulle bellezze della città. È comprenderne il carattere, cosa gli può piacere, che gusti ha. Solo così poi miscelo il drink che riflette davvero l’anima di chi mi sta di fronte”.
Come si articola la vostra drink list?
“All’Oriental Bar non mancano i grandi classici che hanno fatto la storia del bartending, tutti riprodotti fedelmente, seguendo le ricette originali. Tributando il passato da cui viene l’ispirazione per tutto, propongo per esempio il Pink Squirrel, cocktail che risale al lontano 1920 e che ormai sono rimasti in pochi a riprodurre. Ma rielaboriamo anche una ricca selezione di Signature cocktail, frutto di studio, ricerca e uno sguardo continuo sulle tendenze internazionali. Tra i più amati, c’è sicuramente Foggy Forest, che ha come ingrediente principale un composto realizzato con castagne cotte in acqua aromatizzata. Lasciato macerare per molte ore insieme al miele e al Brandy, viene poi unito a Porto bianco e Rye Whiskey”.
La storia di Foggy Forest, ogni volta che lo prepari, ti riporta in qualche modo a casa…
“Proprio così. L’idea del Foggy Forest mi è venuta mentre mi trovavo a tavola, una sera a Brescia, insieme ai miei genitori. Si tratta di un cocktail semplice da costruire, ma molto complesso nella sua struttura”.
Senza dimenticare la tua grande passione per i Bitter.
“Oltre a liquori, infusioni e distillati, creo 15 tipi diversi di bitter. Al tabacco, al cioccolato, alla menta, tutti in splendida mostra sul nostro bancone, allineati e di diversi colori con cui variegare il Martini, il cocktail preferito che amo preparare al tavolo, sotto gli occhi dell’ospite, prendendo tutto il necessario da un carrello vintage”.
I vostri drink come vengono accompagnati?
Anche la carta snack pensa davvero a tutti: dalle insalate al filetto, dai finger food con Oriental touch che possono accompagnare l’aperitivo alla parmigiana di melanzane, uno dei piatti più suggeriti e apprezzati. Ci piace variare e accontentare ogni gusto più sfizioso”.
Che bilancio fai, a livello personale, della tua avventura nel mondo della miscelazione veneziana?
“Diventare veneziano non è facile, ma dopo tutti questi anni qui ci sto provando. Sono una persona che tiene molto al servizio e all’ospite, un Bar Manager nato e cresciuto con la vecchia scuola, ma inserito nel nuovo mondo del bartending e della mixology, anche se personalmente non mi fa molto piacere essere catalogato come un myxologist. Mi ritengo più un barman vecchio stile che si è adeguato all’era moderna e a Venezia ho senza dubbio trovato il mio posto nel mondo”.