In Piemonte, da alcuni mesi si sta lavorando per definire le regole produttive del Vermut di Torino IGP. Il progetto era sul tavolo dei produttori più attenti da molto tempo, ma finora nulla era stato fatto. A sollecitare il settore a muoversi è stato da un lato il nuovo Reg. UE 251 del 2014 e, dall’altro, un mercato mondiale che sta rivelando crescente interesse per questo prodotto.
A promuovere e guidare questo progetto di regolamentazione non è stata la Regione Piemonte o qualche organizzazioni istituzionale, ma un gruppo di produttori di Vermut (non sempre di Torino) e bevande.
Non tutte le aziende interessate all’argomento sono state coinvolte, ma il dibattito è aperto.
Tutto ciò in relazione al Disciplinare di produzione proposto che, nell’ultima stesura del 27 marzo 2015, lascia alcune perplessità qui di seguito riepilogate.
La zona di produzione
Definita all’Art. 2 del Disciplinare, la zona di produzione del Vermut di Torino è individuata in modo generico nel territorio della Regione Piemonte, senza precisare con chiarezza se tale zona sia riferita ai vini, alle erbe, alla preparazione degli infusi aromatizzanti o all’intero processo di elaborazione del Vermut di Torino.
Alcune deroghe proposte, poi, consentirebbero di produrre il Vermut di Torino anche in altre aree del territorio nazionale a seguito di autorizzazioni individuali rilasciate dal Ministero per le Politiche Agricole. Le deroghe verrebbero concesse secondo questa casistica:
· alle aziende che possono provare la produzione di Vermut di Torino da almeno 25 anni prima dell’entrata in vigore di tale disciplinare;
· alle aziende che possono provare la fondazione dell’attività di produzione di Vermut (non è specificato di Torino) all’interno delle Provincia di Torino risalente ad almeno 25 anni prima dell’entrata in vigore di tale disciplinare, ancorché tale sede aziendale sia stata successivamente trasferita;
· alle aziende che possano dimostrare la detenzione di un marchio legato storicamente e geograficamente alla produzione del Vermut in Piemonte (anche in questo caso, manca la specificazione “di Torino”).
La zona di coltivazione/raccolta dell’artemisia
Delle erbe aromatiche necessarie all’aromatizzazione del Vermut di Torino si parla all’art. 3, dove si precisa che tra esse ci debbono essere le specie “Absinthium” e/o “Pontica”. Detto che le erbe debbono essere coltivate e/o raccolte in Piemonte, la proposta del Disciplinare trascura un elemento importante, ovvero di definire la zona di produzione degli estratti aromatizzanti.
Questa “mancata precisazione” potrebbe autorizzare la produzione degli estratti aromatizzanti in qualsiasi parte del mondo.
I vini base per il vermut di Torino
Altro elemento contradditorio sono i vini base utilizzabili nella preparazione del Vermut di Torino. Secondo l’attuale bozza del Disciplinare, i mosti e i vini possono provenire da tutta l’Unione Europea, in pratica da tutto il mondo nel caso di importazione di vini da paesi terzi ma assimilati ai vini della UE.
Trattandosi di un prodotto a IGP, sarebbe importante poter contare anche per i vini base su un riferimento di origine più preciso, ovvero poter usare solo vini piemontesi.
La gradazione alcolica minima
Relativamente alla gradazione alcolica minima del Vermut di Torino (Art. 5) esistono due scuole di pensiero: da un lato chi vorrebbe indicare tale gradazione minima nel 16%Vol, dall’altro chi preferirebbe un limite minimo più basso, ovvero 14,5%Vol.
Varie considerazioni dovrebbero far preferire la gradazione minima di 14,5% Vol., che tiene conto delle aspettative di un consumatore che tende a favorire livelli alcolici più contenuti e della minore incidenza delle accise in caso di esportazione.
Ampliando il ragionamento, va ricordato che la gradazione alcolica di per sé stessa non è mai un indicatore di qualità. Ancor di meno lo è in questo caso dove la maggior parte è alcool aggiunto.
I precursori della qualità del Vermut di Torino sono altri: il vino base e la sua struttura, gli estratti aromatizzanti, il sistema di lavorazione degli estratti e la loro maturazione oltre che l’affinamento del prodotto finale.
Il confezionamento
Anche per il confezionamento, la proposta di Disciplinare pare un po’ permissiva, mentre sarebbe utile un maggior rigore nel privilegiare le forme tradizionali delle bottiglie di vetro, precisando che il Vermut di Torino deve essere immesso in consumo in bottiglie di vetro, di forma cilindrica e classica e che è vietato il confezionamento e la presentazione del Vermut di Torino in bottiglie che possano trarre in inganno il consumatore o che siano comunque tali da offendere il prestigio del vino.
Lo stemma della Regione come marchio identificativo
L’ultima contraddizione sta nella proposta di utilizzo dello stemma della Regione Piemonte come marchio identificativo del Vermut di Torino su bottiglie di qualsiasi capacità e imballaggi. Motivo in più per esigere che i vini base siano di chiara origine piemontese.
Attualmente, la proposta di Disciplinare è domiciliata presso la Federvini di Roma, individuata dal gruppo promotore come l’organizzazione capofila per seguire l’iter burocratico in sede nazionale ed europea. Il dibattito a questo punto è aperto.
Tutti coloro che in qualche modo sono interessati a tale produzione possono far sentire la propria voce, nell’obiettivo essenziale di tutelare e qualificare un prodotto piemontese con una bella tradizione e un futuro ancora più promettente.
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1 Commento
Fare peggio era davvero difficle…