Negli USA consumi a -7,5%. Italia (-3,2%) meglio della media, male Francia (-14,5%) e vini statunitensi (-8,3%). Ristorazione USA parla italiano con il 44% dei vini importati. Buyer on-trade protagonisti a IWE Chicago.
Si conferma, anche alla prova dei consumi effettivi, la difficile stagione del vino negli Stati Uniti, primo Paese al mondo sia per import, con 7,3 miliardi di dollari nello scorso anno, che per enoappassionati, con 4,5 miliardi di bottiglie stappate l’anno.
Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che in occasione della fiera Vinitaly – International Wine Expo di Chicago (22-23 ottobre) ha elaborato i dati relativi alle vendite nel “fuori casa” (on-trade) oltre che in Grande distribuzione e retail (off-trade), nei primi 8 mesi di quest’anno il gap tendenziale dei volumi consumati segna un -7,5%, frutto in particolare delle difficoltà riscontrate in off-trade (-8,3%) solo parzialmente moderate dal risultato nella ristorazione e nei locali (-2,1%).
Dall’analisi dell’Osservatorio a base SipSource – che monitora oltre il 75% delle vendite presso gli esercizi commerciali – emergono molte differenze sui trend di consumo di vino da parte degli user Usa. Per i vini locali, che si confermano nettamente in testa con il 71% dei consumi totali, la contrazione (-8,2%) è leggermente superiore alla media.
Seguono a distanza i vini italiani, che rappresentano il 10,2% della domanda complessiva e il 35% dei vini d’importazione; in questo caso il bicchiere è mezzo pieno, se si considera che la perdita non supera il 3,2% e che nell’on-trade – quindi il canale a maggior valore aggiunto – segna addirittura luce verde (+1,2%). E se anche i vini cileni contengono l’impasse a un secco -3%, la Nuova Zelanda conferma il proprio crescente alto gradimento con gli enoappassionati statunitensi: +2% il dato evidenziato nei primi 8 mesi, grazie soprattutto all’exploit nella ristorazione (+7,6%), complice un Sauvignon Blanc considerato sempre più trendy nel panorama bianchista Usa. L’abbrivio neozelandese fa scalare di una posizione l’Australia (-4,9%) e allontana, almeno nelle quantità commercializzate, il market leader a valore – la Francia – in forte difficoltà (-14,5%), sia nell’off-trade (-16,8%) che nell’on-trade (-8,1%).
Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, Inflazione, costo delle materie prime e destoccaggio stanno mettendo in difficoltà le esportazioni delle imprese italiane verso gli Stati Uniti, ma, segmentando i dati e guardando ai consumi effettivi in volume, emerge come, alla prova dei consumi, gli americani rinunciano con maggior fatica al made in Italy sia rispetto ai vini a stelle e strisce che a quelli di altri importanti Paesi produttori. In particolare, il canale horeca – segmento più rappresentato tra i 350 buyer dell’International Wine Expo – nei primi 8 mesi di quest’anno ha visto una presenza tricolore nell’on-trade Usa pari a quasi il 44% del totale dei vini d’importazione, di gran lunga superiore allo share dei prodotti francesi, 13,8%, e neozelandesi, al 10,7%”.
Il debutto fieristico di Vinitaly negli Stati Uniti è frutto della collaborazione di Veronafiere con Italian Expo, la Camera di Commercio di Chicago e del Midwest e l’ICE Agenzia. Il player veronese – che organizza ogni anno la principale manifestazione al mondo dedicata al vino italiano – è per la prima volta partner di International Wine Expo (Iwe), in programma il 22 e 23 ottobre a Chicago. Sono circa 200 le aziende tricolore presenti alla fiera per un totale di oltre mille etichette proposte all’evento business, in un matching con 350 buyer specializzati provenienti soprattutto dal Midwest selezionati in collaborazione con ICE Agenzia.
Fonti: www.internationalwinexpo.com – – www.veronafiere.it