“La Cina rappresenta una grande opportunità per il comparto vitivinicolo italiano, che sta già investendo ingenti risorse in attività di promozione e sensibilizzazione per mettere le basi utili a creare la cultura del vino italiano in loco. Un mercato che, solo per noi, vale oggi circa 75 milioni di euro, che potrebbero aumentare notevolmente se riusciremo a superare gli handicap dovuti agli elevati dazi doganali e alla burocrazia imponente. Chiediamo ai Ministeri dell’Agricoltura e dello Sviluppo Economico e alla Commissione Europea di accelerare la firma di accordi bilaterali per sbloccare questa situazione”.
Con queste parole Domenico Zonin, presidente di Unione Italiana Vini, interviene oggi a margine dell’evento organizzato dal Comité Européen des Entreprises Vins (CEEV) in collaborazione con Unione Italiana Vini (UIV) e China Alcoholic Drinks Association (CADA) per fare conoscere ad esperti e operatori del settore, oltre che alla stampa, i vini cinesi. Questo evento fa parte delle azioni previste per dar seguito all’accordo denominato Memorandum of Understanding firmato nel 2014 proprio da CEEV e CADA con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione commerciale tra i settori del vino europeo e cinese, migliorando la conoscenza reciproca delle potenzialità offerte dai due mercati e consolidando la collaborazione internazionale.
“Altro fattore fondamentale che la Commissione Europea sta negoziando con la Repubblica Popolare Cinese – conclude Domenico Zonin – è un accordo sulla protezione delle Indicazioni Geografiche relative ai prodotti alimentari e ai vini comunitari. Durante l’ultimo incontro tra le delegazioni cinesi ed europee è stata confermata l’intenzione di giungere alla conclusione dell’accordo nei prossimi mesi, per garantire diretta protezione delle Indicazioni Geografiche europee, fra le quali 22 nomi dei principali vini a Denominazione di Origine e a Indicazione Geografica italiani. Auspichiamo che tale accordo avvenga in tempi brevi e confido che il Ministro Martina – come ha confermato di recente in occasione del Forum agroalimentare Italia-Cina svoltosi ad Expo – lavorando in stretta sinergia con la Commissione Europea, riesca a colmare questa lacuna laddove molti suoi predecessori hanno fallito, per il bene di tutto il comparto vitivinicolo italiano”.
Le 22 Indicazioni Geografiche italiane contenute nell’accordo sono: Chianti, Asti, Bardolino (superiore), Barolo, Brunello di Montalcino, Vino nobile di Montepulciano, Montepulciano d’Abruzzo, Soave, Toscano/a, Franciacorta, Dolcetto d’Alba, Brachetto d’Acqui, Barbaresco, Conegliano- Valdobbiadene- Prosecco, Marsala, Bolgheri Sassicaia, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Campania, Sicilia, Prosecco. L’obiettivo dell’Unione Europea è di arrivare a un livello di protezione delle proprie indicazioni geografiche sul territorio cinese che sia più “tutelante” rispetto a quello previsto dagli accordi TRIPS in materia di proprietà intellettuale. Ciò significa che il Paese che accetta di proteggere le IG europee si impegna a impedirne l’uso per vini (o altri prodotti alimentari) non originari del luogo di origine dell’indicazione geografica in questione (anche se la vera origine dei prodotti è indicata o se l’indicazione geografica è tradotta o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “stile”, “imitazione” o simili) e ad assicurare tale protezione anche contro qualsiasi tipo di “evocazione” della indicazione geografica stessa.
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1 Commento
Bene così!!! Pochi giorni avevo letto che il console d’Italia a Shanghai vuole portare il padiglione del Vino in Cina a fine Expo e che ha l’obbiettivo di raddoppiare l’export del vino in Cina durante il suo mandato. D’altronde ci sono Cileni e Australiani che godono di accordi speciali e quindi sono avvantaggiati. Speriamo che con il tempo e con campagne di far capire ai cinesi che i vini italiani sono prestigiosi e alla pari dei francesi che sono entrati prima nel mercato asiatico.