Passo dopo passo, dalla vite fino al bicchiere. La storia di un sorso di vino finalmente non avrà più segreti. La tecnologia della blockchain, resa nota al grande pubblico dal sistema delle criptovalute, sbarca infatti sulle tavole, o meglio nelle cantine degli italiani. Una catena di informazioni inalterabili e super protette, che permetterà ai consumatori di conoscere ogni singolo movimento del prodotto scelto.
ITALIANI PIONIERI – Quattro produttori italiani – il piemontese Michele Chiarlo, Ricci Curbastro della Franciacorta, la toscana Ruffino e la pugliese Torrevento – sono i primi a servirsi della tecnologia My Story, una rete di informazioni che garantirà la qualità di ogni singola bevuta. La garanzia è quella di DNV GL, leader mondiale quasi incontrastato della certificazione: lo scopo è quello di portare ai massimi livelli la consapevolezza del consumatore, permettendogli di conoscere il percorso di “vita” del vino acquistato, dalla vendemmia all’imbottigliamento.
PAROLA D’ORDINE: TRASPARENZA – Il tutto tramite a un codice QR applicato all’etichetta, che una volta scansionato rivelerà preziose informazioni sulla produzione e sulla distribuzione, certificate da DNV GL. Un plus importantissimo, che aiuterà gli acquirenti così come tutti i componenti della filiera, e a spiegarlo e Luca Crisciotti, CEO di DNV GL: “Si tratta di dati verificati da una terza parte indipendente, che garantisce piena visibilità, trasparenza e controllo sui vari stadi di lavorazione di tutta la catena. Permetterà al consumatore di essere informato e prendere una decisione consapevole, aumentando la qualità della sua esperienza”.
BLOCKCHAIN, QUESTA SCONOSCIUTA(?) – Una blockchain (catena di blocchi in italiano) è fondamentalmente un registro pubblico, condiviso e distribuito che può registrare le transazioni tra due parti in modo sicuro, verificabile e permanente. Questo ‘libro contabile’ sfrutta la rete ‘peer to peer’ decentralizzata che attraverso la criptografia certifica e registra tutti i passaggi che un blocco percorre dall’origine senza il bisogno di un server centrale (che potrebbe essere facilmente manomesso, controllato, interdetto o subire guasti). L’introduzione dei protocolli smart contract basati sulla blockchain ha fatto sì che questa tecnologia si possa sfruttare per la certificazione e verifica in innumerevoli altri settori oltre a quello finanziario.
“VANTAGGIOSA E INTERESSANTE” – Non è l’esordio assoluto per la blockchain nell’ambito dell’enogastronomia: la tecnologia era già stata sviluppata nell’ottica di migliorare l’esperienza a tavola, con un occhio di riguardo verso il cibo. L’obiettivo è quello di coinvolgere anche altre categorie merceologiche rilevanti per il consumatore. Il sistema è già stato recepito con ampio consenso dalla FEDERDOC (Confederazione Nazionale Consorzi Volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani), che ha definito l’iniziativa “vantaggiosa e interessante”. Un altro passo verso il futuro, senza trascurare la qualità. Anzi, probabilmente incentivandola.