Il vino che si evolve è in realtà il manifesto di una cultura che decide, finalmente forse, di tornare indietro nel tempo per andare ancora più lontano. Vivite, il Festival del Vino Cooperativo appena concluso a Milano il week end del 17 e 18 novembre, è stato teatro e allo stesso tempo motore della prima battaglia contro il tecnicismo e l’eccessivo barocco del vino moderno portato come stendardo dall’ultima ondata di sommelier. I crociati del settore si sono schierati dal lato della semplicità, prima fra tutte Ruenza Santandrea, Coordinatrice Area vino della Alleanza Cooperative Agroalimentari, per riportare la discussione sulla divulgazione e sui giovani: “Il linguaggio tecnico annoia i giovani. Abbiamo scambiato quelli che dovrebbero essere consigli per diktat, ma adesso serve riportare il vino a portata di mano“. E di parola.
BUONA LA SECONDA
Una seconda edizione di Vivite che ha dato enorme spinta al movimento, cercando di raddrizzarlo verso una fruibilità sempre maggiore e lontano dall’elite della scuola sommelieristica italiana. Ai vari talk show Pane e Salame, del tutto informali, si sono avvicendati nomi di rilievo assoluto del panorama enologico italiano: in cattedra Daniele Cernilli, il Doctor Wine ex direttore del Gambero Rosso: “Il linguaggio del vino si è modificato negli anni, tanto da frazionarsi in vari dialetti. La scuola italiana privilegia ad esempio l’aspetto organolettico, racconta le sensazioni tecniche e degustative. Quella francese (il Festival ha ospitato cantine transalpine e Boris Calmette, Presidente dei Vignerons Cooperateur, ndr) parla di aneddoti e storia dei territori. Quella anglosassone ha un approccio mercantile, da clienti. L’evoluzione è stata però appesantita dalla scuola sommelieristica, che ha forse esagerato, sfornando figure troppo più attente a sponsorizzare se stessi, rispetto al vino. Si deve ritornare alla divulgazione, basarsi su aspetto scientifici“.
LINGUAGGIO DEL VINO
L’intera manifestazione, ideata da Federico Gordini già patron della Milano Wine Week, si è svolta all’insegna della fruibilità e della facilità di accesso, strumenti necessari per portare il vino all’interno di più vite, è il caso di dirlo, possibili e soprattutto aumentarne il consumo ottimale: “Se il linguaggio del vino non è comprensibile, la fruizione peggiora anche in termini qualitativi. Bisogna creare consumatori attenti e informati, a partire dai giovani“, sostiene Gianni Bruno, Direttore di Vinitaly, coinvolto in una delle tavole rotonde insieme allo sceneggiatore Umberto Contarello, Premio Oscar per “La Grande Bellezza”, alfiere della chiarezza e della semplicità: “Di vino si parla senza cravatta. Parlare con metafore è un ostacolo alla comunicazione, paradossalmente parlare molto di vino è un tentativo di convinzione, di vendita e in quanto tale è un problema“.
VINO E POLITICA
Il vice-premier Luigi Di Maio all’inaugurazione, il ministro dell’agricoltura Gian Marco Centiniaio la domenica mattina, chiusura la domenica pomeriggio per il vice-premier Matteo Salvini con folla di giornalisti e selfie tra i banchetti da degustazione. Se non è un record poco ci manca, quello che va sottolineata è stata la capacità di Vivite di attirare l’attenzione delle istituzioni e questo sarà importante quando ci saranno da discutere temi rilevanti legati al settore del vino e all’agricoltura. Le notizie che arrivano da Vivite, oltre a queste presenze che di fatto già fanno audience, sono che le cooperative del vino in particolare e il modello della vera cooperazione in generale, rappresentano un’eccellenza italiana, un’eccellenza che non delocalizza, come sottolineato da Di Maio, che ha parlato anche di dazi. “La situazione internazionale che si è creata ci preoccupa, siamo un Paese esportatore, sul tema come Ministero dello Sviluppo Economico, abbiamo già pronto un piano straordinario per l’export che, naturalmente, riguarda anche i prodotti agroalimentari”.
Il ministro dell’interno Matteo Salvini ha invece dichiarato di amare il vino italiano, come simbolo del made in Italy. “Adesso diranno che il ministro dell’interno non può bere, io dico che bevo vino e bevo bene, vino italiano ma anche birra. Un buon Sforzato di Valtellina, un buon Barolo o un Amarone. Mi batterò perché l’Europa tuteli il made in Italy rendendo obbligatorio nelle etichette di tutti i prodotti, non solo vino e cibo, lottando contro la contraffazione dei prodotti”.
NUMERI DEL VINO
Se è vero che il vigneto italiano ha subíto un calo delle superfici del 7% negli ultimi cinque anni, c’è da riflettere sulle singole regioni. Non a caso, il danno maggiore è stato recepito da quelle prive di cooperative strutturate e dimensionate, come Campania, Sardegna, Lazio (in cui si concentra solo il 12% delle cooperative). Al contrario, in territori dove la viticoltura è estremamente frammentata come Trento e Bolzano, Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto, è proprio la significativa presenza di cooperative molto grandi per fatturato (oltre 30 milioni di media per cooperativa a Trento, Verona, Treviso e Reggio Emilia) ad aver garantito una tenuta della coltivazione della vite, registrando anche una crescita delle superfici del vigneto. Un comparto, quello della cooperazione vitivinicola, energico ed estremamente vitale, espresso da numeri di tutto riguardo: oltre 480 imprese operanti su tutto il territorio nazionale, 140.000 soci viticoltori, un fatturato di 4,5 miliardi di euro, 8 cooperative nella classifica delle prime 15 imprese italiane del vino.
I MIGLIORI ASSAGGI
Ma alla fine Vivite è stato anche e soprattutto tanto vino. Una panoramica sui migliori vini che compongono l’ossatura vitivinicola del nostro paese. Situazioni che vedono al vertice della filiera produttiva etichette che magari fanno incetta di premi e sotto una gamma che ha come obiettivo il mantenimento e la valorizzazione del territorio. Come nel caso di Cantina di Soave ad esempio, che è stata pochi giorni fa premiata come miglior produttore dell’anno dall’IWSC – International Wine & Spirits Competition. Con la seguente motivazione. “Cantina di Soave, azienda dal profilo fortemente innovativo, è stata in grado di utilizzare al meglio le conoscenze tecnologiche per approfondire la competenza in vigna e ottenere vini di altissima qualità”, un premio quindi per la cantina non per singola bottiglia, ma noi a Vivite abbiamo assaggiato un grande Valpolicella Ripasso 2013 della linea Rocca Sveva.
Oppure come la Cantina di Rauscedo, che si trova nello stesso comune dove ha sede il vivaio più grande del mondo, la capitale mondiale delle barbatelle, con una produzione annua di 95 milioni di barbatelle e 4.000 combinazioni varietali. Sarà stato un caso, ma Cantina di Rauscedo è stato il primo produttore salutato dal vice-premier Salvini, con tanto di selfie dopo aver assaggiato un calice di Ribolla Gialla, ricordandosi della sua recente visita. Interessane anche il Bolé, un progetto tutto centrato sulle bollicine che ha visto collaborare due giganti della cooperazione come Caviro e Cevico, prima rivali e concorrenti e con questo progetto ora partner. Denominazione Novebolle Romagna Doc, vino spumante Brut 95% Trebbiano e 5% Famoso. Ma in fatto di bollicine a Vivite, come non citare la presenza di Nicolas Feuillatte, la più grande cooperativa dello Champagne. In Francia dicono che non organizzano manifestazioni come queste, quindi talvolta i francesi hanno qualche cosa da imparare da noi e vengono a studiarci. Diciamo invece che abbiamo ancora da imparare dopo un assaggio del Palmes d’Or, la cuvée più importante di Feuillatte, millesimo 2006 assemblaggio di Chardonnay e Pinot noir.
+info: www.vivite.it