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Che cos’è l’influencer marketing? Funziona oppure si tratta di una strategia superata? Sul tema c’è molto interesse e il dibattito è sempre aperto, ultima dimostrazione la grande attenzione suscitata da un intervento che ho tenuto al master di Food&Wine dell’Università IULM di Milano. Sono partita da qui e ho deciso di pubblicare alcune delle domande che mi sono state poste dagli studenti, in modo che che possano essere utili come spunto per aziende, utenti e curiosi che vogliono intraprendere un percorso nella comunicazione digitale, in particolare nell’ambito del wine influencer marketing.
L’INFLUENCER COME VEDERLO E COME PUÒ ESSERE UTILE ALLE AZIENDE?
Innanzitutto, prima di valutare ogni azione di coinvolgimento di uno o più influencer è bene capire con chiarezza qual è il messaggio da voler comunicare e l’obiettivo da raggiungere.
In secondo luogo bisogna capire come la figura dell’influencer può essere utile, considerando che un wine influencer non è:
- Un commerciale e mai potrà sostituire questa figura
- Un venditore
- Un conduttore di televendite
Il wine influencer è un comunicatore digitale con il quale condividere una strategia di marketing. Deve essere visto come un ambassador del brand o del progetto e solo in questo modo la collaborazione può avere una credibilità e ottenere quindi dei risultati.
Cosa funziona e cosa non funziona
Scontato dire che per far funzionare un’attività di influencer marketing, bisogna studiare una strategia ad hoc per ogni singolo cliente.
In linea di massima, se gli obiettivi sono in termini di story branding, brand awareness, brand elevation, aumentare l’engagement e le interazioni, migliorare le conversioni come iscrizioni alla newsletter, registrazioni e raccolta dati ecc… la strategia va pensata con un piano costante e sul lungo periodo per poter ottenere dei risultati.
Se invece gli obiettivi sono per esempio comunicare una particolare notizia flash, come l’uscita di una nuova etichetta, una nuova annata, cambio di nome o far vedere semplicemente il prodotto, in questo caso quello che conta è ottenere visibilità, quindi si possono coinvolgere diverse figure nelle varie regioni di interesse e stabilire delle collaborazioni a spot singolo. Consiglio sempre di pianificare 2/3 spot per ogni singolo profilo/influencer coinvolto perché per via degli algoritmi ci possono essere dei giorni in cui post e stories possono essere penalizzati quindi raccogliere meno visualizzazioni.
COSA SIGNIFICA PORTARE A CASA DEI RISULTATI?
Ad oggi la verifica dei risultati di un’azione di influencer marketing si può riscontrare in maniera tangibile su alcuni fronti come:
- interazioni delle stories/post che l’influencer ha pubblicato
- visualizzazioni
- incrementi delle iscrizioni alla newsletter o ai moduli di raccolta dati
- visite al sito web
- conversione a nuovi followers sui propri social che solitamente con i profili più attivi e seguiti, su un’azione nel lungo termine, si aggira intorno al 7%-10% dei follower dell’influencer.
- Incrementi delle vendite
Ci sono poi diversi effetti intangibili, che possono essere positivi ma anche molto spesso negativi. Perché il rischio di una selezione poco attenta degli influencer può portare ad un danno d’immagine.
PERCHÉ ALCUNI ODIANO GLI INFLUENCER?
Odiare no, al massimo si percepisce un pizzico di invidia e talvolta poca stima da parte dei giornalisti old school e altri personaggi che credono poco nella comunicazione digitale.
Ho parlato con molti di loro, oggi di solo giornalismo nella maggior parte dei casi non si campa più. I giornalisti più sgamati si sono adeguati alle nuove tecnologie e con un po’ di inventiva si sono messi in gioco e hanno ottenuto un grande successo, ahimè tutti gli altri, sono a casa a lamentarsi.
La seconda categoria citata ovvero quella composta da tutti coloro che non credono nella comunicazione digitale e non ne ha ancora capito il potenziale, probabilmente non ha mai avuto nessuno che gli spiegasse come oggi girano le cose o semplicemente, non ha ancora aperto gli occhi su quello che sta succedendo.
La comunicazione efficace è passata ad altri mezzi e questi mezzi sono principalmente i canali digitali dove i comunicatori con un seguito, si fanno pagare profumatamente per pubblicare notizie, informazioni che siano questi competenti o meno del settore.
Capisco molto bene cosa scaturisce alcune critiche dei giornalisti verso il settore dei comunicatori digitali e d’altro canto sono la prima ad infastidirmi quando vedo persone poco oneste che con profili truccati sia per followers sia per interazioni, promettono “cose” alle aziende su compenso economico, deludendo totalmente il cliente che rimane traumatizzato dall’esperienza negativa e dalla perdita di soldi.
Ma qui devo fare un appunto doveroso. Questa responsabilità è anche dei PR di certe agenzie di comunicazione che non sanno scegliere i giusti influencer per l’obiettivo desiderato dal cliente. Le cause di una scelta sbagliata sono sicuramente molteplici, ma la più frequente, è la mancanza di conoscenza del settore di riferimento, in questo caso del mondo del vino. Molti PR hanno conoscenze generiche e non specifiche nel settore del cliente per il quale stanno lavorando, portando quindi la scelta di figure poco idonee per i vari obiettivi che vorrebbe raggiungere il cliente. Quindi alla base l’incompetenza arriva da più fronti. A parere mio i bravi PR e le agenzie più coerenti oggi devono essere specializzate nel settore di riferimento, devono conoscere il mercato preciso in cui si sta per comunicare qualcosa. Non possono essere figure generiche, idem per i social media manager che seguono i profili di attività specifiche in un settore.
E poi dulcis in fundo, c’è il rischio di venire bersagliati da meme sui social divertenti e ironici, iniziative che alla fine più che aumentare gli haters se ci pensiamo bene generano traffico e pubblicità. L’importante è stare al gioco e non prendersela troppo ma farsi una bella e sana risata.
QUANTO C’È DI STUDIATO E QUANTO DI SPONTANEO IN QUESTO TIPO DI COMUNICAZIONE
Per quanto mi riguarda, non è una questione di spontaneità o finzione. È una questione di credere o meno in un progetto, in una bottiglia proposta e di lealtà verso la rete di contatti che sta ascoltando e guardando i contenuti. Ma è una cosa molto soggettiva in cui ogni comunicatore digitale applica i suoi principi.
Nel mio caso, ho sempre scelto una linea molto precisa e non sono mai scesa a compromessi di collaborazione con le aziende fuori dal target che inizialmente mi sono fissata. Questa coerenza secondo me è fondamentale per avere una credibilità. La coerenza sta proprio nell’accettare di collaborare solamente con i brand in target, i brand per il quale saremmo i primi clienti.
AVERE DELLE COMPETENZE NEL SETTORE È FONDAMENTALE?
Dipende da quello che si vuole fare e dove si vuole puntare.
Per esempio ci sono figure e profili improntati sul lifestyle, in questo caso le competenze possono passare in secondo piano.
Il settore del vino è molto specifico. In base agli obiettivi si scelgono i profili più idonei quindi più o meno competenti nel settore.
Nel caso in cui si volesse lavorare su obiettivi come la brand awarness, le competenze e la credibilità della figura coinvolta devono essere certe e consolidate.
COME SI FANNO A SVILUPPARE LE COMPETENZE?
La formazione sicuramente nasce sulla base dei percorsi di studi e corsi professionalizzanti del settore come AIS, FISAR, FIS, WSET che ricordo essere l’unico riconoscimento internazionale, ma soprattutto dall’esperienza nel settore.
A mio parere, non basta fare dei lavori di influencer marketing e press tour per sviluppare delle competenze solide nel mondo del vino, ma bisogna approfondire ogni giorno per proprio conto. Libri, ricerche, seguire le notizie del settore, visitare sul posto le zone vitivinicole, organizzare dei tour nelle zone in cui non si è mai stati, partecipare alle fiere ed eventi del settore, parlare con i produttori e assaggiare, assaggiare tanto, in maniera consapevole e responsabilmente.
Il WINE INFLUNCER PUO’ ESSERE CONSIDERATO UN MESTIERE?
Non ho una risposta effettiva perché anche qui, dipende molto da quanto si è affermati nel settore e da quanto si è bravi a chiudere contratti.
Quello che vi posso dire è che la figura del wine influencer è sempre più richiesta e coinvolta in attività da parte delle aziende. Guadagnare fa guadagnare, un win win come si dice in questi casi, ma per i miei obiettivi personali e professionali, questa è solo una piccola parte del lavoro che faccio tutti i giorni nel mondo del vino.
In un secondo articolo ci focalizzeremo su come capire se il profilo di un comunicatore digitale è veramente seguito o meno!
Intanto, seguitemi su @sarapiovano__ per tanti consigli sul mondo del vino!
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