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Con oltre 30 Milioni di ettolitri, gli Stati Uniti rappresentano il mercato più importante al mondo per consumi di vino. Nel ranking internazionale si collocano sempre al primo posto anche per valore del vino importato, sebbene il Covid abbia lasciato un segno indelebile negli annali dei principali paesi esportatori. Il calo nel valore dell’import 2020 è stato rilevante: -11% a livello complessivo, con la Francia – penalizzata anche dai dazi aggiuntivi legati al contezioso Airbus-Boeing – che ha lasciato sul campo un -22%, mentre l’Italia se l’è cavata con un -3%. Solamente la Nuova Zelanda è riuscita a chiudere in positivo, con quasi +4% di crescita. Per il resto, solo segni negativi.

Eppure qualcosa si è mosso. Guardando il bicchiere mezzo pieno e alla luce delle chiusure intervenute – al pari di quanto fatto da tutti i governi mondiali per contrastare la diffusione dei contagi – nel canale Ho.re.ca. (che prima della pandemia pesava per il 16% sui volumi venduti), i consumi di vini fermi nell’off-premise sono cresciuti a valore di quasi il 15% nel 2020, denotando uno spostamento tra canali che in parte ha mitigato il crollo delle vendite nell’on-premise. Ma non si è verificato solo uno switch “quantitativo”. Analizzando gli acquisti per fasce di prezzo (fonte: Nielsen), si evince come le crescite più rilevanti abbiano interessato i vini “premium”, di oltre 20 dollari a bottiglia: +27%, accentuando quella premiumisation dei consumi in atto da diversi anni e che con la pandemia non si è arrestata.

 

Volgendo lo sguardo all’anno in corso, gli stessi dati sulle vendite nell’off-premise evidenziano un ulteriore scatto in avanti dei vini di fascia più alta. Nel primo trimestre 2021, le vendite dei vini fermi con prezzo superiore ai 20 dollari a bottiglia sono cresciute del 28% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Di questo trend positivo che ha interessato l’off-premise hanno beneficiato anche i vini italiani: +24% nei valori di vendita del 2020 (vs 2019) e +10% nel primo trimestre 2021.

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Diverso il caso delle importazioni. I dati relativi al primo quadrimestre di quest’anno (tabella 1) evidenziano ancora una diminuzione a livello complessivo (-11% il calo a valore nell’import di vino totale). Le riduzioni più elevate riguardano i vini neozelandesi (-21%) mentre la Francia evidenzia il calo più basso (-3%). Le importazioni di vini italiani perdono in linea con la media del mercato (-12%).

TABELLA 1 – IMPORT DI VINO NEGLI USA PER ORIGINE NEL I QUADRIMESTRE 2021 E VARIAZIONE VS STESSO PERIODO 2020

Fonte: Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su dati doganali

Scendendo nel dettaglio delle categorie, si scoprono riduzioni più elevate nelle importazioni di vini fermi (-16% a valori) mentre per gli spumanti il calo è meno pesante (-5%). Per la prima categoria, i decrementi interessano tutti i principali fornitori senza particolari distinzioni (Italia -15%, Francia -16%). Nel caso degli sparkling, i francesi riducono le perdite (-3%) mentre per l’Italia la diminuzione è doppia rispetto ai transalpini (-6%).

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Anche sul fronte delle importazioni però qualcosa sembra muoversi. La riapertura dei ristoranti in tutti gli Stati Federali (ai primi di giugno il 44% degli Stati americani presentava ristoranti completamente aperti, il rimanente 56% con una riduzione dei posti disponibili) sta indubbiamente riportando la fiducia negli acquisti di vino di importazione. Lo si desume anche “spacchettando” il trend a livello mensile (tabella 2).
Nel mese di aprile, le importazioni di vini fermi negli USA rispetto allo stesso mese del 2020, sono cresciute a valori del 15%. Quelle dall’Italia del 31%, dalla Francia del 30%. Ancora meglio nel caso degli spumanti: +46% le importazioni complessive, con i francesi in forte “spolvero” (+89%), meno dinamici ma pur sempre positivi gli spumanti italiani (+14%).

TABELLA 2 – IMPORT DI VINO NEGLI USA PER ORIGINE E TIPOLOGIA (SERIE MENSILE, VALORI 2021)

fonte: www.winemonitor.it/

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