Non esiste una ricetta unica per conquistare la Cina e non esiste un unico profilo di consumatore. Servono scelte mirate per convincere i cinesi ad acquistare e a bere vino italiano, ancora poco presente nelle filiere dell’horeca e soprattutto nel segmento del lusso. È quanto emerso dal focus sul mercato cinese nella prima giornata di wine2wine (Veronafiere, 3-4 dicembre), il business forum per gli operatori del settore firmato Vinitaly, dove sono state tracciate le ‘istruzioni per l’uso’ con cui accedere al Celeste Impero dove il vino italiano ha ancora molto da esprimere.
Per Yang Lu, sommelier e wine director del gruppo Shangri-La Hotels e Resorts: «La Cina è una piazza in continua evoluzione dove la parola d’ordine è targetizzare. Il brand Italia deve puntare a posizionare le proprie etichette nelle carte dei ristoranti e degli hotel ritenute garanzia di qualità e ad oggi monopolizzate dalla Francia, che si posiziona sulla fascia medio alta della popolazione». Non a caso la Francia detiene il 46% delle importazioni cinesi in valore, mentre l’Italia (5° Paese importatore) si ferma solo al 7% a pari merito con la Spagna, superata anche da Australia (15%) e Cile (11%).
Tra le aree di criticità del vino italiano in Cina, individuate da Yang Lu, anche quella degli «importatori, che devono essere in grado di portare in Cina non solo i grandi produttori vitivinicoli ma anche le altre eccellenze enologiche per tentare di appassionare un mercato potenziale da 3 miliardi di euro in totale».
Negli ultimi anni la Cina ha fatto un balzo in avanti sul fronte produttivo. Infatti, secondo quanto riportato a wine2wine da Judy Chan, presidente di Grace Vineyard, la prima cantina a conduzione familiare in Cina fondata nel 1997 e oggi considerata come uno dei migliori produttori di vino cinese «attualmente si contano 10 regioni a vocazione vinicola con circa mille vigne contro le 21 censite alla fine degli anni ’90. Il maggiore produttore cinese realizza circa 150 milioni di bottiglie, ma il mercato è talmente vasto e complesso, anche dal punto di vista produttivo, che prospetta margini di crescita anche per i produttori locali». (Fonte Ismea su dati Gta 2013).
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