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Autentico, morbido, storico. Oggi si celebra il distillato statunitense per eccellenza, figlio della tradizione produttiva dei primi immigrati nel Nuovo Mondo, che da Scozia e Irlanda portarono la passione e le tecniche vecchie di secoli. Il bourbon whiskey, rigorosamente con la e perché il whisky è un’altra cosa, distillato di mais nato agli albori dell’800, quando i coloni intuirono che l’acqua dei fiumi del sud degli USA, combinata con il cereale principe della zona, avrebbe dato luogo a un prodotto immortale e significativo.

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Da sempre protagonista della vita quotidiana degli americani (è ad esempio la bevuta più apprezzata per il Giorno del Ringraziamento), il bourbon è inoltre uno dei massimi attori nel campo della miscelazione, della quale è stato forse la prima star. Per celebrare il World Bourbon Day vi proponiamo allora cinque classici da riassaporare insieme.

OLD FASHIONED – Si parte ovviamente dal padrino della miscelazione contemporanea, la ricetta intonsa e originale del cocktail per eccellenza. Quando il Balance and Columbian Repository, giornale legato ai federatisti, il 13 maggio del 1806 (poi da allora eletto World Cocktail Day) pubblicava un trafiletto in risposta alla domanda di un lettore, descriveva la parola cocktail come “una bevanda rinvigorente composta di qualsiasi distillato, zucchero, acqua e bitter”. Era la prima apparizione del vocabolo su carta stampata, e di fatto stava elencando gli ingredienti dell’Old Fashioned, il classico più richiesto del mondo negli ultimi anni. Bourbon, zucchero, bitter d’angostura e soda, mescolati pazientemente: secondo il compianto e leggendario Gaz Regan, erano necessari tre tempi, ovvero tre aggiunte di ghiaccio, per creare un Old Fashioned ad arte.

Old Fashioned

BOULEVARDIER – Variante strepitosa dell’italianissimo Negroni, che al posto del gin originale prevede per l’appunto il bourbon a sposarsi con Campari e vermouth dolce (tecnica di esecuzione stir&strain). Deve il proprio nome alla rivista edita a inizio Novecento da Erskine Gwynne, per l’appunto giornalista, ma soprattutto uomo di mondo e ammanicato negli affari dell’alta società, a cui Harry McElhone preparò il cocktail per la prima volta.

Boulevardier (foto Ian J. Lauer)

WHISKEY SOUR – Ricetta che si perde nel tempo, addirittura reperibile in trafiletti di quotidiani statunitensi del 1880, quando pare prevedesse un’insolita aggiunta di vino rosso. Tornato negli ultimi decenni alla ribalta, è forse il sour più richiesto e più adoperato dai bartender contemporanei per innumerevoli twist. Bourbon in quantità massicce, zucchero (in sciroppo favorisce l’amalgama) e succo di limone, spesso integrati da qualche goccia di bitter d’Angostura; shakerato, le proporzioni originali prevedono inoltre del bianco d’uovo, per conferire la caratteristica e vellutata schiuma in superficie, ma al passo con i tempi moderni viene frequentemente utilizzata l’acquafaba, l’acqua di cottura dei ceci, valida come alternativa vegana.

PAPER PLANE – Superbo classico contemporaneo, relativamente giovane (creato da Sam Ross a Chicago nel 2007) ma decollato, è il caso di dirlo, verso le liste IBA più recenti. Esempio eccellente dei cosiddetti equal parts cocktails, i drink con ingredienti versati in parti uguali, è una miscela amabile, amarostica e pericolosamente beverina. Si realizza shakerando bourbon, Aperol, Amaro Nonino e succo di limone, per un risultato leggero e, come sempre capita quando c’è di mezzo l’Aperol, piuttosto instagrammabile.

Paper Plane

VIEUX CARRÈ – Cocktail leggendario e colpevolmente trascurato, per fortuna reperibile nei bar più forniti e dediti alla miscelazione d’altri tempi. Creato a New Orleans (dalla cui strada vecchia prende il nome) sul finire degli anni ’30, è una corposa miscela di distillati e liquori che si traduce in un sorso pieno, erbaceo e infinitamente avvolgente. Bourbon, cognac, vermouth dolce e DOM Benedictine, da arricchire con una dose minima di orange bitter e dell’indigeno Peycauhd’s.

Vieux Carrè

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