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Un uomo in bicicletta, durante gli orrori della guerra nel 1943, faceva su e giù in una valle a ridosso del Garda. In mente un futuro migliore, in tasca una fiaschetta da consegnare ai soldati malati, nell’ospedale in cui lavorava. È solo uno dei capitoli scritti dalla famiglia Foletto e dall’omonimo laboratorio, che dal 1850 crea prodotti dalla fortissima identità, ed è appena entrato nel portfolio di Ghilardi Selezioni.

Il ciclista era Achille Foletto, tenente ufficiale sanitario all’ospedale militare di Riva del Garda e soprattutto nipote di Giovanni, che nel 1850 in Val di Ledro fondò il laboratorio farmaceutico che prende il suo stesso nome. Dopo 170 anni la linea generazionale è rimasta intatta: di genitore in figlio, di farmacista in farmacista, Foletto conserva la vocazione degli speziali di un tempo, proponendo una gamma minima di qualità inestimabile, perché figlia dell’esperienza, del territorio e del sapere storico. L’ultimo esponente in ordine di tempo è Matteo, responsabile commerciale dell’azienda e Cicerone dei suoi segreti.

Dal primo giorno di lavoro, gli amari rappresentano il focus principale di Foletto, che dal capostipite Giovanni eredita le prime ricette del vermouth, all’epoca strumento fondamentale per rendere meno inappetibili i medicinali. Dedizione, intuizione, evoluzione, il mondo delle botaniche diviene l’atlante che Giovanni sfoglia senza sosta: “Nel 1898”, racconta Matteo “nasce quello che è ancora il principe dei nostri amari, la Tintura Stomatica. Per un secolo l’abbiamo venduta in tutta Europa come specialità medica, è da quella che di fatto è partito il nostro lavoro. Dalla farmaceutica si è passati al consumo generale”. Dopo il 1990 Foletto sceglie di non rinnovare il brevetto farmacologico,  per eccessivi oneri logistici e formali. La ricetta però non è cambiata per nulla: “Formalmente adesso è un liquore, ma non è stato modificato neanche un ingrediente”.

La famiglia Foletto è un filo rosso che collega le varie ricette originali fino alla modernità: bitter, vermouth, Tintura Stomatica e il gioiello chiamato Amaro Proibito: “Nulla a che vedere con gli speakeasy che sono tornati di moda. Fu chiamato così perché mio nonno Achille lo teneva al riparo nella bicicletta e lo forniva sottobanco ai soldati, che a loro volta per consumarlo dovevano nascondersi”. Prototipo avanguardistico delle ricette a chilometro zero che oggi vanno per la maggiore: Achille raccoglieva genziana, limoni del versante occidentale del Garda, menta piperita e le botaniche della valle durante le sue interminabili pedalate, per poi realizzarne bevande grazie agli studi e alle nozioni tramandategli dal nonno Giovanni.

Cinque generazioni che fanno piovere ricordi di ogni sorta, da quelli più tecnici a quelli più emozionali. La tradizione di una professione che è entrata a far parte del corredo genetico della famiglia, attraverso formule e dosi, che hanno portato in dote un sapere dal valore senza tempo. Il risultato è una perla: il museo Foletto, 600 metri quadri, aperto nel 2000 quando Achille era ancora in vita. “Cinque sale tematiche sulla storia dell’azienda. Dal principio in cui esisteva solo la farmacia, fino ad oggi. Organizziamo visite guidate e percorsi interattivi: i nostri ospiti possono cimentarsi in preparazioni tradizionali, sciroppi, creme. Dal laboratorio di raccolta delle botaniche alla realizzazione, passando per un processo rapido di essiccazione. Pensiamo possa essere un buon viatico per far (ri)avvicinare il pubblico alla professione di farmacista”.

Ogni angolo del museo è in realtà un poro attraverso cui promana la passione e la cultura della famiglia Foletto. Le sezioni che si susseguono rivelano un fascino polveroso e attualissimo al tempo stesso: una sala dedicata ai macchinari di produzione, con essiccatore e mortaio a larga scala, addirittura un erbario in italiano e latino che raccoglie ogni specie della flora locale e non. Per non parlare dei cimeli di famiglia, quelli veri e da brividi: “Conserviamo ancora il materiale originale del nonno Achille ai tempi della guerra, tra cui il lasciapassare con cui poteva accedere ai campi per creare l’amaro”.

Foletto conta una produzione di circa 35.000 bottiglie l’anno, con una buona esposizione nell’export verso Germania, Austria, Olanda, Belgio, Cina. Gli orizzonti sono ampi ma Matteo è fiducioso su un futuro ancora migliore. Senza mai voltare le spalle al credo secolare della famiglia: “Stiamo dialogando con la Francia, mi piacerebbe arrivare negli USA e in Regno Unito. Il mercato vuole tanti prodotti e subito, noi siamo invece lo specchio del contrario, abbiamo bisogno di almeno sei mesi di macerazione per ciascuna proposta, come si faceva una volta. Servono spazio e tempo, non faremo mai un milione di bottiglie”.

E in fondo va bene così, a maggior ragione adesso che è nata una partnership di gran rilievo: “Fare previsioni adesso è durissima, considerando anche i tempi assurdi che si stanno verificando. Ho grande fiducia in Ghilardi, hanno un potenziale enorme per veicolare un prodotto non così immediato come il nostro. Tra tre o cinque anni, sul mercato Italia, l’obiettivo è il raddoppio dei volumi. Ma la condizione fondamentale è la qualità, su quella non accettiamo compromessi”.

Né si accettano vincoli che impediscano a Foletto e i suoi prodotti di non fare breccia nella modernità del consumo. Gli amari sono infatti sulla cresta dell’onda della mixology, e per una cultura del bere come quella italiana, legata all’immagine del digestivo dopo pasto, è forse arrivato il momento di fare un passo avanti: “L’utilizzo degli amari in miscelazione è un motivo di vanto: la mixology valorizza l’utilizzo degli ingredienti, ne esalta la storia, riporta in auge la nostra professione. Trovare un equilibrio perfetto non tra medicine,  bensì tra ingredienti, per riportare il consumatore indietro negli anni con sensazioni e ricordi. Se non succedesse, l’idea tradizionale di farmacista speziale andrebbe nella polvere.  È un ritorno al futuro. Negli anni si è investito solo su alcuni segmenti, sono state approfondite solo alcune referenze. Oggi è l’amaro, sarà così con il vermouth. Sul piano emotivo, per il brand Italia è solo un bellissimo punto di partenza”. Quello stesso punto di partenza che è stata la bicicletta di nonno Achille. Che tra l’altro è conservata nel Museo. Quanto chilometri sono stati percorsi.

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