Il 2024 si prospetta un anno complesso per l’industria degli alcolici. Le sfide principali derivano dall’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto dei consumatori, che nel 2023 hanno dovuto attingere ai risparmi accumulati negli anni precedenti. Diverse aziende del settore alcolici hanno registrato un rallentamento dei volumi di vendita nell’ultima parte del 2023, in particolare nei mercati tradizionalmente a più alto consumo come Europa e Nord America. Questo trend si contrappone a un iniziale rimbalzo post-pandemia avvenuto negli anni precedenti, che ha in alcuni casi generato anche un surplus negli stock.
Articolo estratto dal Catalogo 2024 di Mercanti di Spirts:
www.mercantidispirits.com/it/cataloghi
Nonostante la diminuzione dei volumi, molte aziende hanno chiuso il 2023 con ricavi con il segno più, grazie all’aumento dei prezzi di vendita dovuto all’inflazione e all’incremento in mercati emergenti e con maggiore crescita demografica. L’inflazione dovrebbe calare nel corso del 2024, con effetti visibili solo nella seconda metà dell’anno. Rimane incertezza sulla situazione geopolitica internazionale, sia per la situazione dell’Ucraina che per il conflitto Israelo-Palestinese e le sue implicazioni sulle rotte commerciali del Canale di Suez, che potrebbero riportare ad un’impennata sul prezzo di diversi beni importati.
Trend No-Low e vini dealcolati
Al di là dello scenario macro-economico, il settore del beverage è testimone di un cambiamento nei comportamenti dei consumatori che sembrano orientati verso un bere più moderato. Nell’ultimo anno sono cresciute anche le iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti delle problematiche dell’abuso di alcolici. I più giovani, in particolare, come Generazione Z si distinguono per la loro propensione al bere moderato e in modo più consapevole.
Il trend dei prodotti No-Low, che comprende alternative analcoliche o a bassa gradazione alcolica rispetto ai classici alcolici, sta guadagnando sempre più terreno, con previsioni di crescita sostenute per i prossimi anni. Questi prodotti offrono una soluzione inclusiva per coloro che, per ragioni di salute, dieta, credenze religiose, età, o semplicemente per la necessità di guidare, scelgono di evitare l’alcol. A fare da traino è anche il trend salutista, vegano e naturale, nonché la richiesta di prodotti con sempre meno calorie e zuccheri. Attualmente, è possibile trovare una vasta gamma di birre analcoliche, dalle versioni artigianali a quelle trappiste. In diversi mercati stiamo assistendo a un vero e proprio boom dei vini dealcolati, specialmente le bollicine, che rappresentano la categoria dei vini più utilizzati nelle feste e celebrazioni. In Italia, uno dei principali produttori mondiali di vino, rimane ancora un’incertezza normativa relativa a questi prodotti, con la legislazione che non è ancora stata adeguatamente aggiornata.
Oggigiorno sul mercato sono disponibili versioni analcoliche di tutti i principali distillati e anche di liquori tradizionali italiani come amari e limoncello. All’estero stanno emergendo prodotti alternativi ai tradizionali alcolici arricchiti con ingredienti funzionali rilassanti, come l-teanina, ashwagandha, CBD (nei paesi dove è legale), o stimolanti come il ginseng e la maca, matcha, oltre ingredienti ricchi di vitamine. Significativo il boom dei cocktail analcolici Ready to Drink (RTD) o Ready to Serve (RTS), che includono proposte analcoliche di classici drink come lo spritz, il gin tonic e altri aperitivi analcolici classici dove il belpaese è stata una dei pionieri. Questi prodotti rappresentano una soluzione pratica sia per i consumatori che desiderano godersi un drink senza dover fare delle ricette e avere particolari attrezzature, sia per i piccoli locali senza barista o che, a causa di bassi volumi di vendita, trovano difficoltà nella gestione di una gamma di spiriti analcolici, i quali tendono a deteriorarsi più facilmente dopo l’apertura, non contenendo alcol. Un segmento che vede sempre più aziende, compresi i principali player che si sono buttati nell’arena. Pure in Italia il mercato è in crescita, sebbene i volumi siano ancora contenuti. È probabile che, data la vasta gamma di prodotti recentemente lanciati sul mercato, possa avere un ruolo fondamentale la capacità distributiva. Negli ultimi anni, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, sono nati diversi locali specializzati in prodotti analcolici. Il risultato? Molti hanno riscosso successo, altri hanno chiuso. Diventa sempre più importante proporre alternative di qualità analcoliche, a basso tenore alcolico e con meno calorie ma credo che il settore principale resterà sempre quello dei prodotti “originali”.
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Ready to Drink
Tornando a parlare di RTD e RTS, per quanto riguarda le proposte alcoliche, si è registrata una forte crescita negli ultimi anni. Recentemente ci sono stati infatti diversi lanci di RTD che hanno sfruttato la notorietà di importanti marchi sia di alcolici ma anche di bevande analcoliche. Secondo i dati NielsenIQ, questi Ready-to-Drink alcolici premium e ultra-premium sono cresciuti del 49% nell’ultimo anno in USA. Ora i RTD vengono proposti in bottiglie multidose, in vari formati monodose, in fusto o altre confezioni maxi per i locali. In Italia hanno preso campo specialmente le versioni di cocktail classici che hanno iniziato a diffondersi durante la pandemia. Ora iniziano a essere più presenti nel nostro Paese i cosiddetti “hard seltzer” e vari RTD con basi differenti come malto/birra e vino. Nel nostro Paese fanno più fatica a prendere piede perché siamo più legati a prodotti tradizionali, artigianali e che utilizzano ingredienti naturali. In particolare, i più giovani secondo alcune ricerche preferiscono bere cocktail rispetto al vino, birra o altri alcolici.
Il trend premiumizzazione che ha riguardato tutte le bevande alcoliche negli ultimi anni continuerà ma potrebbe avere un rallentamento quest’anno. Il problema resta il potere d’acquisto che specialmente in alcuni Paesi come il nostro si è eroso in maniera considerevole. Il “lusso accessibile” di potersi permettere un distillato premium o ultra-premium potrebbe diventare uno sfizio che ci si potrà permettere con frequenza e quantità minori. Sarà importante diversificare e avere attenzione anche per quei consumatori che sono più orientati alla convenienza.
Liquori e distillati
Per quello che riguarda tutti gli spirits e in particolare il gin, abbiamo visto negli ultimi anni aumentare sempre di più il numero delle varie referenze con la nascita di numerosissime etichette italiane. Se da una parte internet ha creato la possibilità di poter distribuire direttamente i propri prodotti, specialmente ai clienti finali, questo sempre maggiore numero di referenze sta creando problemi per i distributori che servono i locali che possono portare a una gestione più complicata e a rimanenze di magazzino con costi aggiuntivi. L’interesse e la curiosità dei consumatori a provare nuove varianti gustative credo resterà un traino, ma mi aspetto che pur rimanendo altro il numero delle referenze quantomeno possano ruotare e che ci siano prodotti sostituiti dai nuovi. Addirittura, ora è diventato possibile creare il proprio gin e ordinare piccoli lotti personalizzati con botaniche scelte e packaging su misura nel limite di alcuni criteri. Grazie al boom delle microdistillerie (diversi microbirrifici hanno iniziato a distillare) e all’incremento dei prodotti conto terzi, si sono moltiplicate versioni anche dei liquori nostrani come gli amari, bitter, aperitivi, vermouth e liquori, che in molti casi hanno riscoperto antiche ricette o sono basate su botaniche e tradizioni locali. In particolare, in Italia si è sono affermati molto gli amari e ci sono diversi locali che hanno delle bottigliere davvero ampie e che propongono ricette innovative a base di questi prodotti. Alcuni produttori hanno lanciato varianti gustative o limited edition particolari che spesso sono vendute a prezzi più alti anche per quantitativi minori.
La grappa, il distillato made in Italy per eccellenza, negli ultimi anni ha saputo attrarre sempre più giovani e crescere nei mercati esteri grazie a prodotti sempre più di qualità, innovativi e con vari tipi di invecchiamento e alla promozione del suo utilizzo in mixology. Un rinnovato interesse sostenuto anche dall’attenzione crescente verso prodotti autentici e di qualità, con un occhio di riguardo per la sostenibilità e l’artigianalità, valori che la grappa incarna perfettamente. Tuttavia, a fine 2023 c’è stata una contrazione per i motivi economici e geopolitici citati in precedenza.
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Il whisky rimane un prodotto molto amato con un numero di appassionati in aumento grazie anche al diffondersi di community di appassionati con lo scopo di diffondere e approfondire la conoscenza del re dei distillati. Oltre ai classici prodotti scozzesi, irlandesi e americani, sono sempre di più le etichette prodotti made in Italy ed è cresciuto l’interesso verso i così detti “world whisky” prodotti in Paesi come Giappone, India, Taiwan, Scandinavia o come il Black Whiskey peruviano prodotto con maiz morado (mais viola).
Il rum nel nostro paese continua a tenere una buona quota di mercato. I volumi totali sono in lieve calo ma negli ultimi anni sono cresciuti i prodotti premium, super premium, artigianali che utilizzano diversi metodi di invecchiamento.
I distillati di agave, come tequila e mezcal, confermano la loro traiettoria ascendente, beneficiando di un interesse globale per sapori unici e storie autentiche. Questi spiriti continuano a crescere in popolarità in Italia, in primis grazie alla loro versalità in miscelazione e alla genuinità, ma grazie alla curiosa consapevolezza dei consumatori, che sono sempre più informati e iniziano a conoscere bene i vari tipi di mezcal e sotol. Il consumo pro-capite nel nostro paese è comunque meno di un decimo di quello degli USA, dove c’è stato un boom straordinario che ha visto molti personaggi famosi lanciare le proprie etichette. Il pisco peruviano, seppur con volumi bassi, sta trovando sempre più il suo spazio in Italia grazie alla forte comunità sudamericana presente e al crescente interesse dei nostri connazionali. L’interesse per i prodotti asiatici è cresciuto, non a caso ora è sempre più facile trovare diversi tipi di Soju coreano, Shōchū giapponese, Baijiu cinesi a base di sorgo e dal sapore forte.
In generale e in particolar modo in Italia i consumatori sono più disposti a pagare per prodotti che sono considerati naturali, sostenibili e che vengono identificati come artigianali.
Sostenibilità e packaging
La sostenibilità e la carbon neutrality resta uno dei temi più sentiti dalle aziende e consumatori. Il vetro, che è di gran lunga il principale materiale usato per il packaging, sta iniziando a essere messo in discussione sia per via dell’elevato peso che incide negativamente sul trasporto, sia per il dispendio di C02 che serve per il riciclo, sia per la facile infrangibilità e sia per il fatto che negli ultimi anni sono cresciuti di molto i prezzi. Molti brand hanno ridotto il peso delle confezioni, ma ora stanno prendendo sempre più piede confezioni in alluminio come le lattine. Questo riguarda specialmente il settore birra e RTD in monodose, ma anche il vino. Anche diversi altri materiali innovativi a base, per esempio, di carta iniziano a essere sperimentati per i distillati e vini.
Intelligenza Artificiale
Il 2024 secondo molti osservatori è l’anno dell’affermazione dell’intelligenza artificiale generativa e forse anche dell’avvento dell’AGI (Artificial General Intelligence), con un impatto in tutti i settori merceologici. Sarà così anche per quello degli alcolici? Probabilmente si, ma in maniera graduale. Alcune aziende hanno già usato l’AI per creare bevande come birre e ready to drink e sicuramente mi aspetto che escano prima della fine dell’anno dei gin o altri alcolici creati proprio con l’intelligenza artificiale, cavalcando l’onda di questo trend. Non credo che comunque questo tipo di utilizzo sia un game changer, ma mi aspetto comunque che nei prossimi anni questo tipo di strumenti magari abbinati alla robotica e alla IoT (Internet of Things) abbiano un effetto su tutta l’industria in vari ambiti. L’AI viene già utilizzata da alcune aziende per l’analisi dei dati dei consumatori e del mercato, la gestione dei livelli di inventario, il tracciamento dei prodotti, per il marketing, la comunicazione e la promozione specialmente in ambito digitale. Ci sono però ancora molte incognite e sicuramente ci sono aspetti che vanno ancora regolamentati.
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Locali
Alcuni cocktail bar oggi si avvalgono dell’intelligenza artificiale per creare i loro signature drink. Tra i nuovi trend del bar, dopo la spasmodica ricerca di sapori sapidi e spesso addirittura umami, con tante tecniche di preparazione prese in prestito dalla cucina, c’è proprio quello di chiedere alla AI un prezioso contributo nella creazione di qualcosa che possa colpire fin da subito il cliente. Del resto, oggi al bar e ai bartender si chiede un’esperienza a 360°, non più un semplice cocktail.
Da Iter, noto locale milanese, la nuova drink list è stata per esempio realizzata con l’ausilio di Chat GPT, che un po’ per provocazione e un po’ per serietà ha visto l’imprenditore Flavio Angiolillo e i suoi soci interagire coi propri ospiti rendendoli parte fondante del processo di creazione della carta cocktail. Le ricette dei drink sono state preparate quindi proprio attraverso il dialogo tra fornitore e consumatore, sviluppando otto signature davvero originali. E il caso di Iter sembra solamente il primo di una lunga serie di interazioni fra uomo e tecnologia, anche dietro al bancone da bar.
Tornando al concetto di esperienza, al di là dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, è diventato proprio questo l’obiettivo primario di ogni bar. Tutti i locali, in quest’epoca storica, mirano infatti a cucire un abito ad hoc per ogni loro visitatore, puntando sui propri distillati e fermentati, su ingredienti a km 0 o comunque della zona, su menù stagionali e garnish che giocano intorno all’identità del locale stesso. Per essere sempre meno uno dei tanti ed essere sempre più qualcosa di diverso dagli altri.
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