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a cura di Luigi Morello – President Istituto Espresso Italiano

Il caffè espresso è un simbolo indiscusso di italianità. Ma come nasce questa modalità di gustare il caffè? Come la storia ci insegna, spesso le grandi idee nascono da una necessità che aguzza l’ingegno: infatti dal “pentolino” utilizzato per far bollire la polvere di caffè si è passati all’invenzione italiana della moka.

Nel tempo, le guerre, la povertà e una materia prima sempre più costosa e difficile da recuperare hanno dato lo stimolo per pensare a una tecnologia che potesse sfruttare al meglio la polvere di caffè. Nasce così il primo espresso italiano vero, quello con la crema, che sembrava inizialmente qualcosa di sofisticato, di addizionato. Tant’è che una delle pubblicità del tempo parlava di “crema di caffè naturale”.

CoffeExperts di Andrea e Marco Bazzara

Sempre nell’ambito della ricerca e dell’utilizzo in modo efficiente delle risorse, nasce il concetto di miscela, con l’idea di valorizzare l’approccio al gusto e l’aspetto sensoriale: si inizia a cercare la materia prima ma soprattutto a fidelizzare il cliente con un gusto sempre uguale. È così che il caffè espresso inizia a fare il giro per il mondo, creando l’inizio di un percorso che non si è ancora fermato ed è in costante evoluzione.
Nel tempo si è passati dall’attenzione alla massima qualità del risultato del caffè in tazza a una reinterpretazione dell’espresso che da commodity evolve in un concentrato di 20 grammi, che sono 20 grammi di esperienza. Tutti gli interpreti sono riusciti a far sì che l’espresso diventasse un’esperienza, non più una bevanda, ma qualcosa di diverso da vedere, da raccontare.
Oggi è importante continuare a valorizzare il caffè espresso per non correre il rischio che se ne perda l’identità di prodotto italiano. Gli italiani hanno creato l’espresso e la miscela grazie alle tecniche di trasformazione. E grazie a queste tecniche ogni miscela può essere valorizzata al massimo, indipendentemente dal Paese da cui proviene o dal prezzo a cui è venduta.

PARAMETRI DELL’ESPRESSO TRADIZIONALE E “DIVERSE VERSIONI”

Franco Bazzara – President Bazzara Srl

Le nuove tendenze internazionali stanno portando i cultori della bevanda verso nuovi orizzonti culturali, che stravolgono i classici scenari di un panorama consolidato negli anni. I cambiamenti riguardano soprattutto il modo di concepire l’espresso e tutte quelle dinamiche e parametri necessari per la sua preparazione.
Si pensi all’espresso nella sua versione tradizionale, tutta italiana: a una temperatura intorno ai 92 °C e a una pressione di 9 bar, attraverso un porta-filtro doppio, si estraggono più o meno 28 ml di soluzione da 14 grammi di caffè macinato, entro un range di tempo che va da 25 a 30 secondi. A questi standard di estrazione si aggiungono quelli di predisposizione, quindi: una pressatura tra i 20 e 25 kg per una macinatura fine, indicata per un caffè con tonalità a “tonaca di frate”.

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La cosa più affascinante è che, tenendo conto dei nuovi trend, ormai la maggior parte delle strumentazioni sono organizzate per assicurare invece una maggior libertà al bari-sta e permettergli di giocare sulle variabili che concorrono alla creazione dell’espresso.
La macchina espresso diventa una scatola magica con la quale si può avviare la magia. Per esempio, settando le diverse fasi di estrazione, si potrà accompagnare il caffè, nel momento precedente alla vera e propria infusione, a temperature e a pressioni più basse, per esprimere maggiormente alcuni gusti e permettere al pannello di caffè di non subire canalizzazioni drastiche fin dall’inizio.
Sulla base di queste novità, gestire la quantità di acqua da immettere sul pannello di caffè e il tempo necessario per coprirlo in base a una scelta predefinita, diventa possibile. Come un artista che profonde tutto il suo estro nella creazione delle proprie opere, il barista possiede gli strumenti per ideare, progettare e concretizzare, estrazione dopo estrazione, qualcosa che non avrà simili nel suo genere e sarà quindi inimitabile: l’espresso.

PREPARAZIONE DELL’ESPRESSO

Franco Bazzara – President Bazzara Srl

Preparare un espresso rappresenta un’arte, un mix di esperienza e di conoscenza che, messi insieme, rendono una tazzina di caffè unica nel suo genere. Basta veramente poco per rovinare un espresso. Se pensiamo alle temperature di estrazione eccessive, c’è il rischio di rendere la bevanda amara e con poca crema. La stessa cosa vale quando si sotto-estrae il caffè, impedendo la dissoluzione di molti dei composti solubili presenti nel macinato e rendendo quindi scialba e acquosa la bevanda.
Le tre fasi di preparazione dell’espresso sono la macinatura, il dosaggio e l’estrazione. Partendo dalla macinatura, quando non è regolata di continuo, si rischia di causare problematiche in fase di estrazione che andranno a compromettere gusti, aromi e quindi il flavour.
A parità di corrette tempistiche di estrazione e di una corretta granulometria, troppa dose di macinato può comportare sovra-estrazione mentre poca dose provoca una sotto-estrazione; quindi, in entrambi i casi, la quantità di solidi disciolti non sarà equilibrata in tazza.
Dopo aver rimosso il portafiltro dal gruppo erogatore e flussato l’acqua per eliminare i residui, sarà dunque importante procedere con il riempimento del basket all’interno del portafiltro secondo la dose appropriata. Si livellerà il contenuto senza lasciare residui sul bordo, mentre il pannello va pressato in maniera ergonomica, equilibrando il peso su tutto il corpo.
Dopo aver reinserito il portafiltro, sarà necessario avviare prontamente l’estrazione evitando così di surriscaldare il macinato nel basket e quindi alterare la componente aromatica del prodotto.

I DIFETTI DELL’ESPRESSO

Franco Bazzara – President Bazzara Srl

Tutta una serie di difetti che derivano direttamente dalle fasi precedenti la preparazione dell’espresso vanno a compromettere profumi e aromi all’interno della tazzina. Un tipico e frequente difetto, percepibile già all’olfatto, è la presenza di sentori di muffa e stantio, dovuti ad una inadeguata conservazione dei chicchi di caffè. Ciò incrementa l’amaro, creando in bocca una sensazione sgradevole.

La presenza di chicchi fermentati, relativi a contaminazioni durante il lavaggio o a una sovra-fermentazione delle drupe in fase di raccolta, rendono la tazza oleosa, creando una sensazione di frutto fermentato o, nel peggiore dei casi, di marcio. Possono esserci anche tanti altri difetti che, seppur secondari da un punto di vista di classificazione, rovinano il prodotto finale.

Come, ad esempio, la presenza di chicchi immaturi, dovuta a un mancato sviluppo durante la fase di maturazione della drupa, che appesantiscono la tazza esacerbandone le sensazioni tattili fino a renderla astringente.

Per quanto riguarda i difetti legati alla conservazione del caffè, sarà utile adoperarsi per salvaguardare il prodotto gestendone la freschezza e salubrità, ed evitando sprechi, con un macinadosatore on demand. In caso contrario, se il caffè è stato macinato da tempo, si percepirà in tazza una sensazione di secchezza dovuta all’ossidazione dei composti lipidici.
Non va sottovalutato nemmeno l’uso di un’attrezzatura adeguata. Ad esempio, se serviamo un espresso in una tazza fredda, influiremo negativamente sulla consistenza della crema e sulla texture, con un inevitabile contrasto tra la temperatura alta dell’espresso e quella più bassa della tazzina, che porterà a una diminuzione della percezione aromatica.

 

Fonte: Coffitalia 2024 su autorizzazione Bazzara, “CoffeExperts”

Scheda e news:
Bazzara s.r.l.

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