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il 17 febbraio 1530, mentre Firenze era assediata dalle truppe imperiali di Carlo V, i cittadini rinchiusi nelle mura diedero sfoggio di coraggio e sprezzo del pericolo mettendosi a giocare alla palla in piazza Santa Croce, in quella che sarebbe divenuta la partita archetipo del Calcio Storico Fiorentino. Nonostante la città fosse stremata dall’assedio, la voglia di non arrendersi davanti alle avversità, di resistere, era (ed è, oggi come allora) da sempre insita dentro i Toscani, simbolo dello spirito combattivo e di una forma mentis che dalla difficoltà trae nuove energie.
Quando l’otto Marzo GinArte ha programmato il lancio in grande stile della propria nuova bottiglia, sempre dedicata all’omaggiare il mondo dell’arte, questa volta con come protagonista la pittrice messicana di fama mondiale Frida Kahlo (1907-1954) l’idea era quella di rendere onore a tutte le donne del mondo, grazie all’immaginario di una delle pittrici più amate. Un lancio intelligente e curato, con tappe e comunicazione in tutta Italia, che però purtroppo ha subito rallentamenti e spostamenti a causa dell’emergenza sanitaria in corso. Eppure…
Eppure l’arte è magica, e la sua straordinaria caratteristica è quella di essere di mutevole interpretazione a seconda degli occhi di chi guarda. La stessa persona passeggiando in un museo in periodi diversi della sua vita può provare emozioni completamente contrastanti davanti ad un’opera. L’arte è universale proprio perché gioca sui livelli di comprensione e di emotività: si può apprezzare un’opera per i suoi straordinari colori e per la morbidezza dei colpi di pennello dell’artista, ma la si può completamente rileggere sapendo il significato che per lui il soggetto aveva, e come esso si collocava all’interno del mondo socio economico che lo circondava.
Si capisce meglio la maestria nelle ombre se si conosce la rabbia del cuore di Caravaggio. La follia di Van Gogh è la differenza tra l’astratto ed il concreto negli occhi del pittore olandese.
Ed è qui che Frida Khalo diventa in questi giorni un simbolo di resistenza civile al dolore ed allo smarrimento di quello che sta succedendo. La pittrice, che per tutta la vita ha sofferto di indicibili problematiche di salute (legate ad un incidente in autobus), e che ha passato la gioventù tra ospedali ed operazioni (molti dei suoi celeberrimi autoritratti nascono proprio dalla condizione di allettata, con nessun altro soggetto da ritrarre se non ciò che vedeva nello specchio), non ha mai perso ne il sorriso ne la voglia di battersi, di cercare il bello e di vivere a pieno ogni momento.
Quello che doveva essere un omaggio alle donne, è divenuto oggi un omaggio a tutti noi che resistiamo, in special modo agli operatori del mondo del bar, sballottati tra necessarie chiusure delle attività e voglia di ripartire più forti nonostante le avversità.
Ed è qui che torna quella Firenze assediata di cinque secoli fà, con i cittadini chiusi dentro le loro stesse mura, come oggi lo siamo tutti noi. Perché oltre alla speranza, c’è la resistenza, la voglia di ripartire pù forti di prima e più entusiasti che mai. E noi siamo sicuri che GinArte nonostante la sua anima cosmopolita porti dentro di se l’eredità della terra da cui nasce, e che come la pittrice che ora rappresenta, saprà essere d’ispirazione per ripartire dalle difficoltà per tanti artisti del bere in tutta Italia.
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