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Oggi è il “DanteDì”, il giorno di Dante Alighieri. Lo scorso anno, su proposta del Ministro Dario Franceschini, il Consiglio dei Ministri ha istituito infatti una speciale ricorrenza per omaggiare il Sommo Poeta. Ancor di più in questo 2021, nel settecentesimo anniversario della sua morte.

In mezzo a numerose iniziative culturali, anche tante eccellenti realtà enogastronomiche ne hanno così approfittato per celebrare l’eternità delle opere di Dante con ricette mirate, infernali e allo stesso tempo paradisiache. È il caso, per esempio, della chocolatier dell’isola d’Elba Paola Francesca Bertani, che ha realizzato un’inedita lectura Dantis all’insegna del gusto in vista di questo giovedì (e non solo). Come? Con un percorso di degustazione in nove praline alla scoperta dei cerchi dell’Inferno e un conseguente viaggio emozionale che attraversa il cioccolato artigianale della più grande delle isole dell’arcipelago toscano. Il nome della collezione, scontato forse aggiungerlo, è d’altronde proprio “Infernvum”.

Il frutto di un anno di lavoro, che ha dato vita a una limited edition (700 scatole numerate) che propone una personale interpretazione dell’inferno di Dante proprio per mezzo del gusto. “Mia madre era fiorentina e mi ha trasmesso la passione per Dante. Le sue tematiche hanno attraversato i secoli rimanendo sempre attuali, per questo ho deciso di raccontare la discesa agli inferi attraverso 9 praline, una dedicata a ciascun cerchio”, racconta la stessa Paola Francesca Bertani, chocolatier con alle spalle 25 premi, fra cui due ori mondiali, e una tecnica sopraffina nel realizzare sottilissimi gusci di cioccolato.

Il primo cioccolatino, dedicato al Limbo, racchiude una ganache al latte di mandorla: si parte con toni “soft”, per una colpa lieve. È una pralina “sospesa”: una nuvola di mandorla pralinata e latte di mandorla, molto armonica e senza contrasti. Per i Lussuriosi una ganache al mango e rum, un ripieno che richiama la passione e il piacere sensuale, avvolgente e inebriante, da condividere con la persona che si ama. Per rappresentare i Golosi è stato scelto un caramello salato alla cannella per un cioccolatino voluttuoso, a cui non si può resistere, tentazione continua che risucchia in un vortice di dolcezza. Per gli Avari, che si sono persi nell’accumulo di beni, un ripieno di ganache al cioccolato bianco e noce moscata, un connubio particolare per una pralina “gastronomica” che richiama piatti salati. Qui la spezia rappresenta la ricchezza, a simboleggiare l’esclusività. Gli Iracondi, che non contengono la rabbia, racchiudono una ganache di peperoncino: un cioccolatino, infuocato e disturbante, ma bilanciato dalle note agrumate del pepe di Timut. Da qui ci si addentra nella “Città di Dite”, la zona più profonda dell’Inferno, dove troviamo gli Eretici: interpretati da una ganache al lampone e bacche di ginepro, dove il lampone rappresenta l’“ortodossia” e il ginepro la rottura. Un connubio dirompente che ben incarna chi non vuole uniformarsi.

Dal settimo cerchio ci si inoltra nei gironi dove sono punite le anime dei Violenti: ganache alcolica alla grappa torbata, una pralina potente con una notevole spinta alcolica: qui la rabbia viene trasformata in azione. È la pralina in assoluto più forte: la grappa torbata con le sue note di fumo ci porta davvero vicino al centro dell’Inferno. Con l’ottavo cerchio ci si addentra nelle “bolge” e qui troviamo i Fraudolenti: riduzione di aceto balsamico di Aleatico e ganache alla ciliegia, colui che ti imbroglia, ti confonde, prima addolcendoti con una golosa ciliegia e, una volta conquistata la fiducia, arriva la nota balsamica dell’aceto… Dopo le dieci bolge si apre il tetro “pozzo dei giganti” e poi giungiamo nell’ultima e più tragica zona dell’Inferno: il nono cerchio, dove sono puniti i Traditori: ganache 100% massa cacao e liquore alla mandorla, siamo nel più profondo nero dell’animo umano, nel nero del peccato, qui domina la nota amaricante, un sapore persistente e potente, ma che predispone il palato ad accogliere come più “dolce” tutto quello che si può assaggiare dopo.

“E quindi uscimmo a riveder le stelle” (Inferno XXXIV, 139)

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