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“Siamo una generazione malata di lavoro, senza nulla da fare siamo pesci fuor d’acqua”. Fabio Ditto ha appena lasciato il birrificio e sta entrando in ufficio: la quarantena forzata gli permette comunque di mandare avanti attività e passione, al netto delle norme sanitarie da rispettare. In quasi trent’anni nel mondo della birra, di certo mai gli era capitata una situazione del genere.

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Eppure di esperienze da raccontare ce n’è un fusto pieno. Sono tutte tatuate sulle etichette delle sue birre, nomi che nascono dalle conversazioni tra Fabio e il mastro birraio Achille Certezza; Jattura, una Scotch Ale dai sentori torbati, ricordo dei folkloristici incensi dei finti parroci napoletani, che in cambio di uno spicciolo allontavano il malocchio. Nata Vota, perché lo stesso Ditto voleva “una birra che mi facesse pensare di volerne una seconda, subito. E che si ricollegasse alla richiesta che due volte l’anno facciamo al nostro patrono San Gennaro, di sciogliere il sangue e nell’ampolla e proteggerci”. Paliata, che in dialetto significa “bastonata”: Imperial Stout di carattere, decisamente forte. D’altronde il nome stesso del birrificio non lascia spazio a interpretazioni: KBirr, contrazione del “Ch’bbirr!”, che birra, (solitamente preceduta da un sonoro “Ua!”), esclamazione automatica dopo averne assaggiata almeno una.

Il filo rosso, va da sé, è l’appartenenza partenopea. Quella profonda, molto più nascosta degli stereotipi ridondanti di cui i napoletani hanno le tasche piene: quella che si adatta, che da sopravvivenza passa a vita e nella difficoltà trova il genio. “Volevo dare una radice, un legame. In un territorio eccellente in ogni possibile settore, a maggior ragione quello agroalimentare, mancava un punto di riferimento nella birra. E per crearlo è necessario pensare e ragionare in napoletano, altrimenti si corre il rischio di essere banali e dozzinali”. Napoli che è teatro a cielo aperto e terra fertile di teatranti, filosofia di vita e troppo spesso vita costretta senza filosofia. “Ho cercato di permeare anche l’importantissima eredità culturale di Napoli: le etichette sono disegnate da Roxyinthebox, artista pop di grido. Alla riapertura avremo una creazione di Nicola Masuottolo, e abbiamo in piedi varie collaborazioni, anche con l’Associazione Verace Pizza Napoletana”. Quella di cui Fabio va più fiero è forse la partnership con le Catacombe di San Gennaro, un percorso degustativo e divulgativo bisettimanale, ormai regolarmente sold out dopo un video promozionale di KBirr nel 2017.

Tutto interrotto, adesso: la pandemia di COVID-19 non ha certo risparmiato la realtà di Ditto. “Il nostro core business rimane l’azienda di distribuzione, siamo passati da cinquanta ordini al giorno allo zero totale. L’e-commerce è rimasto sempre aperto, e per essere uno strumento relativamente nuovo per noi sta andando benissimo. Il fatturato però è crollato del 90%”. In tempi in cui le soddisfazioni stentano a farsi apprezzare, resta la certezza di essere un punto di riferimento per il mercato degli appassionati: “Abbiamo clienti affezionati che ci hanno scritto e hanno continuato a richiedere il nostro prodotto, è un ottimo risultato. Ci sono arrivate dozzine di ordini da Verona, dalla Valle d’Aosta”. Travalicare confini regionali è come ottenere gradi superiori, specialmente in giorni come questi.

Ditto è nel mondo della birra da una vita. Da quando a diciannove anni (“Tra qualche giorno ne compio quarantasette, puoi anche scriverlo”) iniziò a importare Paulaner, a fare impresa in un settore che all’epoca non era poi così in voga e anche oggi rimane oscuro ai più in Italia. “Ero già a quei tempi appassionato di economia. Capii in breve come alla fine il flusso economico rimanesse all’estero, a noi italiani rimaneva ben poco. Io invece volevo creare impresa in Italia, spingere il movimento dall’interno e comprendendo l’intera filiera: dalla produzione della birra a quella dei tappi, i detergenti, i cartoni”. La prima produzione di KBirr è arrivata nel 2016, lo scorso gennaio è stato varato il nuovo impianto. In trenta primavere è cambiato più di qualcosa.

“Negli ultimi anni la proposta birraia in Italia è cresciuta sensibilmente. Rimane un problema di frammentazione, soprattutto al sud: molti birrifici fanno ottima qualità, ma la disorganizzazione li porta a non superare i 550/800 ettolitri l’anno. Birra Salento ha un impianto stupendo e volumi interessanti, ad esempio, ma rimane là. Al nord si raggiungono anche i 15mila ettolitri, ma manca un sistema”. Che dovrebbe partire dall’alto: “Dal Ministero delle Politiche Agricole, arrivando fino ai consorzi. C’è da dire che la filiera sta iniziando a svilupparsi, si stanno formando anche le prime malterie”. E c’è da muoversi, perché all’estero ci sono attenzione e richiesta del prodotto italiano, stante anche la nostra tradizione di eccellenza. “Prima della pandemia ci stavamo guardando intorno e avevamo raccolto già ottimi consensi in Francia, ad esempio. Adesso dobbiamo per forza rallentare”.

Dolciastre, affumicate, luppolate. Che vogliono dire movida a Chiaia, vicoli al Centro Storico, struscio a Mergellina. Le birre di Ditto sono figlie di un’evidente passione e di indagini personali, da consumatore, lunghe anni: “Dieci anni fa circa il mercato ha iniziato a cercare prodotti artigianali. Il mondo craft in Italia era ancora acerbo, da cultore trovavo prodotti francamente improponibili, con difetti grossolani. In generale non eravamo pronti, e là ho capito di voler creare un prodotto di eccellenza. Ci siamo evoluti alla grande, ma la strada è indubbiamente ancora tortuosa per poter competere con le eccellenza belghe o tedesche”.

Anche perché per qualche mese ci sarà da convivere con il postCoronavirus, e il mercato dovrà adattarsi: “La vendita online assumerà peso notevole, i clienti stanno acquisendo familiarità con gli acquisti internet anche per cibo e bevande. E oggi anche solo una struttura marketing e un minimo investimento pubblicitario permettono di creare una nicchia di seguaci. La quarantena ci lascerà questo: facilità di acquisito, e in qualche la componente emozionale, che rimane fondamentale”. E di emozioni KBirr ne versa boccali interi. 

KBirr
www.birrakbirr.com/
Circumvallazione Esterna località Ponte Riccio, 102
80014
Giugliano in Campania, NA
081 833 5518

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