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Una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una storica Coppa UEFA in bacheca. Tutti conoscono la gloriosa carriera nel calcio di mister Alberto Malesani, allenatore giramondo e icona del pallone tra gli anni ’90 e i primi 2000. Oggi vi raccontiamo però una storia diversa, fatta di altrettanta passione, impegno e spirito di sacrificio. Sempre in campo, seppur stavolta non dalla panchina.

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“La Giuva” di Malesani e famiglia non ha un’antica tradizione produttiva alle spalle, ma vanta la volontà di farsi conoscere per la qualità del vino che produce. Il nome è un acronimo, unisce Giulia a Valentina Malesani, sorelle che hanno deciso di intraprendere questa straordinaria avventura insieme a papà Alberto, presente anche nel nome aziendale in quel “LA” della Giuva (articolo che a lettere invertite ricorda proprio le sue iniziali).

Nato e cresciuto a Montorio in provincia di Verona, ai piedi della Val Squaranto, mister Malesani fin da bambino ha instaurato d’altronde un rapporto indissolubile con la sua terra, portandola nel cuore in tutte le esperienze della sua vita. Nel 1999, a Bordeaux per un impegno di Coppa UEFA contro la squadra locale, il giorno prima della partita visita qualche cantina, assapora del vino rosso e ne rimane letteralmente affascinato. A tal punto che in lui nasce un sogno, che si trasforma presto in una passione e in un investimento concreto. Che non poteva essere che là, il più vicino possibile a casa, nella sua Trezzolano. Una favola davvero appassionante, fra calcio e vigne, che ci siamo fatti raccontare direttamente dal suo principale protagonista: Alberto Malesani.

Mister, come e quando è nata la sua passione per il mondo del vino?
“La mia passione è nata gradualmente. È sbocciata da giovane grazie a mio padre, che è sempre stato un grande appassionato del mondo del vino, ed è poi definitivamente esplosa durante la mia carriera da allenatore in concomitanza con una partita di Coppa UEFA a Bordeaux. Era il 1999, allenavo il Parma e quell’anno finimmo per portare a casa la coppa. Diciamo quindi che quella stagione ha segnato per sempre la mia vita, sia calcisticamente che per quanto riguarda il vino”.

Dopo tante avventure in giro per l’Italia e non solo, nel 2020 si è ufficialmente ritirato e nel frattempo ha (ri)messo radici a Trezzolano per una sfida completamente differente: produrre vino. Ci presenta la sua azienda vinicola?
“La mia azienda sorge a Trezzolano, in Val Squaranto, a pochi chilometri da dove sono nato e cresciuto. Si tratta di un luogo a cui sono intrinsecamente legato da un vincolo affettivo, contraddistinto al contempo da una grande biodiversità, un clima temperato e il terreno tipico della Lessinia, perfettamente adatto quindi a un’agricoltura biologica come la nostra. Siamo in zona Valpolicella DOC e produciamo, con il solo utilizzo di uvaggi autoctoni, quattro vini tipici di quest’area: innanzitutto ‘Il Valpo’, fresco d’annata con affinamento in acciaio; poi, salendo di struttura e complessità, il Valpolicella DOC Superiore ‘Il Rientro’, con affinamento in legno e anfora; l”Amarone’ DOCG, di cui abbiamo due linee che affinano in legno per diversi anni; infine ‘Il Recioto’ DOCG, con affinamento in legno e del quale produciamo solo un migliaio di bottiglie l’anno”.

Considerando i nomi, direi che il legame col calcio si percepisce bene almeno in uno dei suoi vini…
“Ovviamente sta parlando del ‘Rientro’. Sì, questo è l’unico in cui c’è correlazione tra calcio e vino, perché una squadra in transizione ‘rientra’ proprio come ‘rientra’ con persistenza questo vino dopo l’assaggio”.
Quanto è diversa (o simile) la sua vita quotidiana rispetto a quella del Malesani allenatore? Cosa le manca del calcio?
“Del calcio mi manca soprattutto il lato dell’allenamento quotidiano sul tappeto verde. Sperimento le differenze tra questi due mondi specialmente nei rapporti interpersonali, ma trovo ogni giorno anche delle importanti similitudini visto il mio approccio aziendalista in qualsiasi attività svolta nel corso della mia vita”.
Troviamo qualche somiglianza tra i suoi vini e i campioni che ha allenato in carriera?
“Beh, proviamoci. Manuel Rui Costa può essere paragonato al ‘Valpo’ perché con le sue giocate riusciva sempre a dare un tocco di freschezza alla manovra. Lilian Thuram e Fabio Cannavaro mi ricordano invece il ‘Rientro’, dato che riuscivano a rientrare con efficacia dopo aver preso parte alla manovra offensiva. Gabriel Omar Batistuta è come il mio ‘Amarone’ per la sua potenza in fase realizzativa. Michele Cossato infine è il ‘Recioto’, che è il re dei vini di Verona, proprio perché da calciatore del Chievo ha contribuito a un’esaltante promozione e con l’Hellas Verona anche a una storica salvezza in Serie A: ciò l’ha portato a essere uno dei re del calcio veronese di alto livello”.
Il suo “palmarès” vinicolo le sta portando non a caso tante soddisfazioni, proprio come ai tempi di Parma, Firenze, Verona…
“Ne sono e ne siamo davvero felici, oltre che orgogliosi. Devo dire che in questi anni il feedback intorno ai nostri vini è stato ottimo dal punto di vista del riconoscimento della qualità, sia a livello nazionale che internazionale. Oggi li distribuiamo esclusivamente nei canali Ho.Re.Ca e in locali importanti. La scelta produttiva de ‘La Giuva’, del resto, non ha mai preso in considerazione di produrre nessun altro vino che non fosse autoctono della zona di Trezzolano, in alta Val Squaranto. Anzi, essendo la mia famiglia stessa legata a questa terra, si può dire che il nostro rapporto affettivo si è fuso con il desiderio di dare continuità alla storia del vino di questo angolo d’Italia”.

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