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In una delle uscite più recenti del sito imbibe.com, si è potuta leggere un’intervista a Greg Boehm, che proprio l’ultimo arrivato nel giro della miscelazione non è. Oltre a essere il proprietario dei bar newyorchesi Katana Kitten, Boilermaker, The Cabinet e Mace, Boehm è il fondatore di Cocktail Kingdom, uno dei portali di rivendita di articoli per bartending (dai libri all’attrezzatura) più noti del mondo. Si discuteva di nuovi consumi durante la pandemia, e non ha avuto dubbi: “Il mio preferito, adesso? L’Old Fashioned. Sto lavorando quasi venti ore al giorno, è il drink che mi concedo quando stacco. Perché sono sapori che conosco e capisco, mi fido di loro”. 

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C’è un motivo se il cibo tradizionale, quello senza fronzoli e molto spesso nemmeno attenzione a diete o linea, è definito comfort foodun’espressione tipica ad esempio del sud degli Stati Uniti. Sono quei sapori e odori riconoscibili immediatamente, non tanto perché collegati a una pietanza in sé, quanto piuttosto perché rievocano precisi momenti delle nostre vite o riportano a un determinato luogo. Meglio ancora, una specifica persona. Il pizzicore penetrante del ragù che cuoce per mezza giornata non vi farà pensare alla carne e alla salsa di pomodoro, ma alla domenica con la famiglia allargata e la serie A in televisione (alla radio, per chi vuole farsi un’endovena di nostalgia).

In tempi assurdi come quelli attuali, quindi, l’attenzione di chiunque abbia il privilegio di essere scelto da un ospite per stare bene dovrebbe essere rivolta a ricostruire sensazioni familiari, casalinghe. Classiche. Cocktail che non siano eccessivamente complessi ma al tempo stesso fedeli alle ricette originali, che abbiano un sentore quasi di vecchio ma di confortevole. Che siano soprattutto immediati: stiamo attraversando un momento storico che non ha precedenti nemmeno per finta, e speriamo non avrà repliche, fatto in larghissima parte di paure e incertezza.

Nessuno, o comunque una minima fetta di consumatori vorrà perdere tempo a indovinare quale estratto, quale sciroppo, quale fat wash è stato utilizzato. Il bar, quando può essere aperto e non sommerso da misure frutto della dissennatezza di chi dovrebbe ma non fa, sta diventando una volta di più il luogo dove andare per sentirsi al sicuro e appendere le ansie alla porta d’ingresso: chi decide di frequentarlo, lo fa per sentirsi a casa, non a scuola. Il Negroni va bene farlo come un Negroni, per una volta, e non con quel twist là o quest’affumicatura qua, perché sono quei tre ingredienti che un ospite va cercando. In generale, ma specialmente adesso. 

L’unico scenario, di questi tempi, in cui davvero si dovrebbe cercare di insegnare qualcosa, dall’altro lato del bancone, è quando richiesto. Perché che piaccia o meno, ci aspetta un altro periodo di uscite limitate e periodi trascorsi in casa. Sarebbe allora bello si trasmettessero agli avventori i rudimenti e i primi passi per poter fare da sé quello che generalmente si chiede a un oste. Perché se è vero che il bar è una seconda casa perché ci sente accolti, si potrebbe tranquillamente tentare di rivivere a casa quello che è il bar, con un solo filo conduttore: stare bene. E sentirsi al sicuro. 

 

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